mercoledì 22 ottobre 2014

Elena Ferrante: mi si nota di più se...

Elena Ferrante è scrittrice molto amata sia in Italia che all'estero. Recensita più volte, e molto positivamente, dal New Yorker, oggetto in Italia di compulsive maratone di lettura da parte di chi, iniziato il primo volume de L'amica geniale, non è riuscito a fermarsi fino alla fine del terzo e attende con impazienza l'imminente uscita del quarto ed ultimo volume.
Inevitabilmente, parlando della Ferrante, si finisce per parlare della sua scelta di vivere nell'anonimato. Di lei si sa solamente che è nata a Napoli e si dice viva in Grecia. Da anni si sostiene che dietro questo nome si nasconda in realtà lo scrittore Domenico Starnone che più volte ha smentito.
Negli ultimi giorni sono usciti due articoli proprio su questa scelta di vivere appartati, di parlare solo attraverso le proprie opere. Uno su La Stampa, Il caso Ferrante, il romanzo italiano secondo il New Yorker, di Paolo Di Paolo e l'altro su The Guardian, Who is the real Italian novelist writing as Elena Ferrante?

Da una parte, su The Guardian, si ripercorrono le ragioni di una scelta, a partire da una lettera inviata nel 1991 dalla scrittrice alla sua editrice, Sandra Ozzola, e pubblicata ne La frantumaglia, fino alla ennesima smentita di Domenico Starnone. E le parole che la scrittrice Jhumpa Lahiri rivolge idealmente alla Ferrante: "Che meraviglia, il fatto che lei sia una scrittrice che riesce a comunicare con il mondo soltanto tramite le sue parole, soltanto tramite la letteratura." (trovate il testo integrale, pubblicato sul Corriere della Sera qui).
Insomma un articolo semplice ma documentato che fornisce informazioni, che permette di farsi un'idea e che dà conto anche del pezzo di Paolo Di Paolo che appartiene invece al genere "rancorosa stroncatura".
In pratica, dati per conosciuti i fatti, Di Paolo sostiene che con la Ferrante la mano della critica sia leggera proprio per il suo nascondersi, il suo non apparire. Critici come Fofi, Guglielmi "l’hanno omaggiata, ma non prenderebbero in considerazione con la stessa serietà romanzi di autrici non così dissimili da Ferrante, per tematiche e stile, come Cristina Comencini, Simonetta Agnello Hornby o Sveva Casati Modignani"
E poi un sistema infallibile: l'estrapolazione di una frase (mi aveva smosso la carne senza smuovere la sua, brutto stronzo) per dimostrare la scarsa qualità letteraria di un'autrice.
"Se le scrive la Mazzantini non vanno bene; se le scrive la Ferrante sì. Ma la forza di Ferrante è, più che nei suoi libri, nel suo non esserci, la sua distanza abissale da tutto: nessuno l’ha mai vista, nessuno l’ha mai intervistata di persona, nessuno l’ha mai incrociata per caso, come perfino al vecchio eremita Salinger era accaduto al supermercato."
Insomma saremmo al dilemma di Ecce Bombo: Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?

Al di là di quello che si può pensare di questa scrittrice, del giudizio che noi lettori possiamo dare dei suoi libri (per mia parte devo dire di non aver ancora letto la tetralogia de L'amica geniale, ma di aver molto amato i romanzi precedenti: L'amore molestoI giorni dell'abbandonoLa figlia oscura) è davvero così importante sapere che faccia abbia la Ferrante, sapere quale sia il suo vero nome? E' proprio vero, come sostiene Di Paolo, che  "il gioco degli pseudonimi in letteratura è lecito - ma che - in quanto gioco, è infinitamente meno interessante di una vita, di una faccia, di un’esperienza reale".

E se invece avesse ragione Marilena Puggioni, collega, lettrice appassionata della Ferrante e amica a distanza di tante letture:
"A me pare di conoscere molto più la Ferrante di tanti altri scrittori e scrittrici che vanno a fare tanto lo gna gna alle presentazioni dei loro libri ma non dicono un benemerito c...o di loro, o che possa tornare utile per noi. Narcisimo allo stato puro e boh, ci danno solo frivolezze"


Scrivendo queste righe mi sono accorta che tutte le copertine dei libri della Ferrante (quelle italiane per lo meno) sono illustrate con persone viste di spalle o senza testa. Anche loro, come l'autrice,  sfuggono alla identificazione, alla condanna di essere riconoscibili.

1 commento:

  1. Oggi a FASCinA 2014 Filmare il femminismo http://fascinaforum.wordpress.com/ Lucia Cardone (Università di Sassari), nel suo bellissimo intervento dal titolo "Differenze di scrittura. L’Amore molesto da Ferrante a Martone", si è interrogata sulle "scritture che perdono corpo" nella trasposizione cinematografica e su quanto" l'eccedenza della scrittura femminile (di pensiero, di corpo, di desiderio) venga "ridotta a misura di schermo".
    Dopo aver tolto qualsiasi dubbio (ma non ne avevamo) sul fatto che Elena Ferrante possa essere un uomo (il corpo a corpo con la madre di cui parla Luisa Muraro non è cosa che si può inventare), dimostrando che "L'amore molesto INCARNA il pensiero della differenza", arriva alla conclusione che Martone, nel suo film, non opera una riduzione del romanzo per lo schermo ma una restituzione del percorso rivedendolo come sguardo dall'esterno.
    Tante le riflessioni dopo questo intervento, e un interrogativo.
    Il corpo nei romanzi di Ferrante è sempre in primo piano, è sofferto e elemento di ricerca di "identità". Insomma, domina su tutto il resto.
    Sarà anche per questo che la scrittrice sottrae il suo ai lettori?

    RispondiElimina