domenica 13 marzo 2016

E se ai lettori non importasse affatto sapere chi è Elena Ferrante?


Oggi sulla Lettura, inserto culturale del Corriere della Sera, è uscito un articolo che svelerebbe chi si nasconde dietro lo pseudonimo di Elena Ferrante (interessata e casa editrice hanno smentito). L'autore, Marco Santagata, sarebbe arrivato alla identificazione attraverso gli strumenti della indagine letteraria e filologica.
Su livello dell' informazione (pornografia informativa) bastino le parole di Mantellini (le trovate qui), sulle caratteristiche dell'indagine letteraria e filologica non mi pronuncio, i miei ultimi esami universitari in materia risalgono, letteralmente, al secolo scorso, me le ricordavo comunque diverse, come dire, più rigorose.

Resta qualcosa da dire sulla qualità della informazione e della critica letteraria italiana.
Se un lettore volesse farsi un'idea dei libri della Ferrante, magari prima di decidere se acquistarli o meno, o in attesa che si esaurisca la coda delle prenotazioni in biblioteca, leggendo supplementi culturali, articoli di riviste o di quotidiani, rimarrebbe certamente deluso. Pochissime informazioni su trama, temi, stile, scritture paragoni con altri scrittori.  Pesco dal mucchio (sul sito della casa editrice E/O trovate l'elenco aggiornato di tutte le recensioni)
Questo straordinario successo editoriale ha però al centro un mistero: chi è Elena Ferrante? Tutti i misteri di Elena Ferrante  - Donna Moderna, 4 marzo 2016
Lo scrittore dell'anno? E' un'ombra. Ha un nome femminile ma chissà come si chiama veramente. Dentro il nome che si è data si può celare una donna o un uomo, come sappiamo. Non sappiamo. Non c'è volto né corpo. Nessuna storia privata né pettegolezzi, o letture, festival, incontri con i lettori, e via presenziando.La scrittrice fantasma è una star - L'Unità, 31 dicembre 2015
Elena Ferrante: troppo umana, quindi esiste - Grazia, 19 giugno 2015
Così il mistero Ferrante conquista anche gli Usa - Repubblica, 11 novembre 2014
Potrei continuare: lettera aperte alla misteriosa scrittrice, pensosi dibattiti se sia lecito o meno nascondersi dietro l'anonimato, accuse di vanità e presunzione. Se poche, pochissime sono le informazioni, le notizie sui suoi libri,  ancora meno sono i tentativi di analisi critica, di contestualizzazione letteraria.

Camilla Panichi  404: file not found è autrice di una bella e articolata recensione all'ultimo volume della quadrilogia. Racconta la storia, mette in relazione il volume con quelli precedenti, analizza le tematiche, esamina lo stile, la scrittura: "uno stile oggettivo e da una prosa lucida e lineare, sempre presente a se stessa e all’io narrante (e di conseguenza al lettore) anche nel momento in cui la narrazione raggiunge l’apice della disperazione" e sente il dovere di precisare che "chi scrive non ha espressamente fatto riferimento alla querelle sul caso Ferrante. Sempre chi scrive non ha ceduto alla tentazione di fantasticare sull’identità, spostando il discorso sul pettegolezzo. Chi scrive non è interessato al “chi” ma al “come”. È un vizio di forma, una questione di metodo.

E' interessante dare un'occhiata a come vengono trattati i libri della Ferrante all'estero, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove la scrittrice ha  grandissimo successo. Anche qui pesco dal mucchio delle recensioni a lei dedicate per trovare frequentissime parole come language, style, prose, pacing, character, writing, plot. Insomma riferimenti alla concretezza della storia, del testo, alla sua analisi.
Much of the thrill of the four books lies just in this elastic back and forth between realism and hallucination. Some scenes, just by their tone and pacing, and by what they omit as much as by what they include, seem to take place in slow motion or under water or on another planet. Elena Ferrante’s New Book: Art Wins, Joan Acocella - The New Yorker
How is it that a book written by Lenù can so entirely capture Lila’s experience? Ferrante’s direct, almost naive style is greedy, willing to adopt the habits of other genres – the thriller’s cliffhangers, the romance’s love triangles, the mystery’s plot twists – and to absorb voices other than its narrator’sI was blind, she a falcon, Joanna Biggs - London Review of books
O basta confrontare l'intervista alla Ferrante su Repubblica del 5 dicembre 2014, tutta sulla questione dell'anonimato o quella su Paris Review (n.228 - 2015) che analizza temi coma la nascita delle storie, la costruzione delle trame, l'ispirazione, il lavoro della scrittura e della riscrittura

Insomma alla fine interessa davvero ai lettori sapere esattamente chi sia Elena Ferrante? A giudicare dal successo dei suoi libri, libri di una sconosciuta, sembrerebbe proprio di no. E allora che senso ha continuare a proporre attribuzioni pettegole e scoop mascherati da indagini letterarie, non sarebbe più interessante capire le ragioni di una storia, le caratteristiche di una scrittura, suggerire chiavi interpretative, percorsi di lettura?  Non aiuterebbe di più lettori e non lettori a districarsi nel mare magnum delle pubblicazioni?

Che ai lettori non importi nulla dell'anonimato per la Ferrante è ben chiaro (sempre dall'intervista di Repubblica)
- Ma la scelta dell’anonimato, e la curiosità che genera nei media, non rischia di trasformare in un “personaggio” la scrittrice (o lo scrittore)? Per Elena Ferrante non è così:- Temo che queste considerazioni riguardino solo la cerchia ristretta di quelli che lavorano nei media.[...] Fuori del circolo mediatico il mondo è ben più vasto e le attese sono altre. Per capirci, il vuoto che ho lasciato di proposito, lei, volente o nolente, per mestiere e a prescindere dalla sua sensibilità di persona colta, si sente chiamata a riempirlo con una faccia, mentre i lettori lo riempiono leggendo.

giovedì 10 marzo 2016

Sacerdotessa sarà lei!



La protagonista di Romanzo Rosa, di Stefania Bertola, è Olimpia, una bibliotecaria.
Zitella, di mezza età, si dichiara, nonostante la professione, piuttosto ignorante. Vive con due gatti, si nutre di passati di verdura congelati, ha come estrema forma di trasgressione rari cappuccini al bar. E' passata direttamente dalla castità alla menopausa, avendo conosciuto la passione vera che tutto travolge solo per tre giorni nel lontano 1977. Si è iscritta ad un corso di scrittura creativa per imparare a scrivere romanzi rosa.
Praticamente "una sfigata" come ha concluso con mirabile sintesi una delle colleghe con le quali si sorrideva dell'ennesimo florilegio di stereotipi attraverso il quali viene dipinta la nostra professione.

Insomma non si scappa, il lavoro del bibliotecario sembra essere riservato esclusivamente alle donne descritte per lo più come zitelle malvissute, trasandate e pure un po' racchie oppure nobilitate al rango di sacre vestali del sapere, custodi del tempio, iniziatrici di culti esoterici e misteriosi.
Pennac (sì anche Pennac ha scritto corbellerie) ci descrive così:

Care bibliotecarie, custodi del tempio, è una fortuna che tutti i titoli del mondo abbiano trovato il loro alveolo nella perfetta organizzazione delle vostre memorie (come potrei raccapezzarmi, senza di voi, io che ho una memoria che non vale un soldo?), è prodigioso che voi siate al corrente di tutti i soggetti ordinati nelle scaffalature che vi circondano … ma come sarebbe bello, anche, sentirvi raccontare i vostri romanzi preferiti ai visitatori smarriti nella foresta delle letture possibili … come sarebbe bello che faceste loro omaggio dei vostri migliori ricordi di lettura! Narratrici, siate –maghe– e i libri voleranno direttamente dagli scaffali alle mani del lettore.

E su l'Avvenire dell'otto marzo è uscito un elogio delle bibliotecarie che ci paragona a sacerdotesse   (qui trovate il pezzo)
Meno si leggono libri, più c'è bisogno di bibliotecarie. Donne, se possibile, perché questa è senza dubbio competenza da sacerdotesse. Uomini appassionati di libri, che amano catalogare e custodire e suggerire? Possono pur sempre far da aiutanti alle bibliotecarie, se queste lo consentono. La lettura è un culto che si apprende da piccoli, si affina da giovani, si perfeziona da adulti... Solo una bibliotecaria può sorridere e iniziarli al culto..

Se ne è parlato in questi giorni, soprattutto di quest'ultimo messaggio, di questo omaggio alle bibliotecarie nella giornata della donna. Ci si è divisi fra stufi ed indignati di questi luoghi comuni, di questa ennesima suddivisione in lavori da maschietti e femminucce, di questa idea di una professione simile a quella di "una commessa della Rinascente degli anni '50",  e chi invitava ad accettare l'omaggio alla capacità delle donne di comunicar passioni, e a far uso di ironia e leggerezza.

A questi ultimi chiedo quand'è che, leggermente e ironicamente, come pare sia richiesto alla nostra natura chimerica di zitelle custodi del tempio, di ingrigite vestali, di malvissute e trasandate sacerdotesse, cominciamo a parlare di cosa è, di come è diventata la nostra professione?