venerdì 9 maggio 2014

Condannati a leggere

La giunta della regione Calabria nei giorni scorsi ha approvato una proposta di legge, Più leggi meno stai in carcere, in base alla quale i detenuti con pena superiore ai sei mesi potranno avere uno sconto di pena di tre giorni per ogni libro letto, fino ad un massimo di 16 libri l'anno pari a 48 giorni.
La proposta avrebbe lo scopo, secondo l'assessore alla cultura della regione, di promuovere la lettura dal momento che questa è "uno straordinario antidoto al disagio e favorisce la consapevolezza e il riscatto sociale e personale". L'idea non è originale e si rifà ad un progetto analogo il  "Reembolso atraves da leitura" che in Brasile è applicato dal 2012 e che, sempre secondo l'assessore, avrebbe dato ottimi risultati.
A parte la curiosità di capire come siano stati misurati questi risultati e nonostante i nobili scopi che questo progetto si prefigge non riesco a non avere qualche  perplessità su questa iniziativa
La prima obiezione è sulla evidente disparità che un sistema come questo crea all'interno del carcere stesso. Fra chi ha un livello culturale e di istruzione tale da consentirgli di leggere fino a 16 libri in un anno e chi invece non ce l'ha.
Se volete farvi un'idea del livello di istruzione della popolazione carceraria in Italia guardate i dati del Ministero della Giustizia, circa il 28% dei detenuti censiti hanno al massimo la licenza di scuola elementare quando non sono privi di titolo di studio o analfabeti.
Le dotazioni delle biblioteche saranno "costituite da libri e periodici scelti secondo criteri che garantiscano una equilibrata rappresentazione del pluralismo culturale esistente nella società", come recita l'art. 21 del d.p.r. 230/2000 e cioè regolamento di esecuzione della Legge 354/1975 che prevede esplicitamente la presenza di una biblioteca in ogni istituto penitenziario? (qui trovate alcuni dati sullo stato dell'arte)

Oltre a questo, secondo il progetto, i detenuti per poter usufruire dello sconto di pena, dovranno dimostrare di aver letto il libro e saranno seguiti in questo percorso dagli educatori carcerari che esamineranno volta per volta la loro preparazione sull'argomento probabilmente attraverso la scrittura di recensioni (come in Brasile) o questionari, domande, interrogazioni.
In pratica in un ambiente dove tutto è norma, prescrizione, regolamento si aggiunge un'altra tessera di mosaico che va nella stessa direzione: lettura coatta, sottoposta a controllo, ispezionata, verificata.
Insomma non riesco a non pensare che la lettura, così, più che una forma di riscatto sociale e personale (ammesso che voglia  dire qualcosa) sia una forma di aggravamento della pena.


Non credo che le biblioteche nelle carceri siano come quella che ha descritto Sandro Bonvissuto nel suo bel libro Dentro, (descrizione che trascrivo qui sotto), voglio sperarlo, me lo auguro.
Penso però che la promozione della lettura (tanto dentro che fuori dal carcere) ed eventuali riscatti personali e sociali passino più attraverso biblioteche ben fornite, con facilità di accesso e lunghi orari di apertura e personale preparato, che attraverso forme di costrizione ammantate di nobili ideali.

"La biblioteca stava al piano di sotto. Era una stanza con delle mensole vuote, una scrivania, pure quella vuota di ogni cosa. E una sedia. In certi giorni stabiliti, che nessuno aveva mai capito bene quali fossero, era previsto che venisse un volontario per distribuire i libri ai detenuti. Una volta, durante l'ora d'aria, mi capitò di trovare quella stanza aperta. Allora decisi di entrare per prendere un libro in prestito. [...] Mi guardai intorno cercando i libri. Sugli scaffali però c'era un solo volume. La cosa mi parve assurda, ma poi mi vennero in mente altre cose che avevo visto lì dentro molto più assurde di quella e decisi di dire all'incaricato che desideravo un libro in lettura. Quello rispose che andava bene. Allora chiesi quali libri fosse possibile avere in prestito. L'incaricato si alzò dalla scrivania, rispose che avrebbe controllato. Scorse con lo sguardo tutta la libreria come se fosse piena. e lo fece lentamente, quasi si stesse impegnando davvero a leggere i titoli sugli scaffali. Poi si girò verso di me e, costernato, disse che purtroppo era disponibile un solo libro: il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes Saavedra. Era stato donato all'istituto di pena da un ex direttore. Risposi che avrei preso quello. [...]Intanto il volontario si era appuntato il prestito del Don Chisciotte su un'agenda qualunque, di quelle di uno o due anni prima con sopra il marchio di qualche banca di provincia che non sai nemmeno se esista davvero. Poi mi consegnò il volume augurandomi buona lettura.Me lo rigirai tra le mani. Era tutto strappato, mancavano la copertina e molte pagine. Chiesi perché fosse ridotto in quelle condizioni. Senza nemmeno guardarmi, mi rispose che una circolare interna dell'istituto aveva vietato che girassero libri con la copertina rigida. Così l'avevano dovuta togliere. E insieme alla copertina se n'erano andate, col tempo, diverse pagine. Mancava anche l'incipit. Per fortuna lo sapevo a memoria."
Sandro Bonvissuto, Dentro, Einaudi, 2012

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