sabato 7 marzo 2020

Lo strano caso delle biblioteche diventate all'improvviso indispensabili

È straordinario come le biblioteche, in questi giorni di emergenza Coronavirus, da cenerentole neglette buone per eroder loro di anno in anno il bilancio, siano diventate improvvisamente importantissime, presidi inalienabili, avamposti culturali.
In Emilia Romagna è cominciato tutto con la prima ordinanza, quella di domenica 23 febbraio che ha cominciato a circolare in versione non ufficiale (ma comunque condivisa da sindaci e siti istituzionali) che prevedeva la "Sospensione dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al D.L 42/2004"
In tanti ci siamo affannati in quel pomeriggio di domenica a consultarci, ad aggiornare il sito e le pagine social delle biblioteche annunciando la chiusura.
Poche ore dopo abbiamo scoperto la nostra fondamentale e imprescindibile importanza.
All'articolo relativo alla sospensione dei servizi di apertura era stato aggiunto: Fanno eccezione le biblioteche.
E così è trascorsa una allegra prima settimana con museini di provincia che faranno 20 visitatori a settimana rigorosamente chiusi e biblioteche, che contano centinaia quando non migliaia di ingressi giornalieri, aperte, spalancate.
Erano ancora tempi in cui la preoccupazione per il pericolo di favorire il contagio e l'indignazione per questa misura assurda potevano esser stemperate dall'ironia sul nostro stato di eccezionalità, sulla invulnerabilità di noi bibliotecari a virus e ad altre quisquilie.
Poi ci sono stati i giorni dell'incauto ottimismo e grido di #laculturanonsiferma si son riaperti i musei e son state date disposizioni sulla giusta distanza da tenere. Abbiamo scherzato ancora un po', c'è chi ha proposto eleganti crinoline per tenere tutti a un metro, abbiamo cercato di prendere le misure che ci veniva richiesto di prendere, in ordine sparso, ognuno animato dalle migliore intenzioni ma senza indicazioni precise: abbiamo tolto posti a sedere, invitato gli utenti a mantenere le distanze, usato in continuazione gel e prodotti disinfettanti, qualche biblioteca ha messo in quarantena i libri rientrati da prestito e aspetta una settimana prima di riprestarli ancora. Basterà? Servirà? Ci han chiesto di trasformarci da bibliotecari a improvvisati metrologi, a virologi dilettanti.
Adesso basta però. Senza allarmismi ma consultando le fonti giuste (spero che ci venga riconosciuta almeno la capacità di saper fare questo) in un momento in cui si fa appello alla responsabilità individuale per non contribuire a diffondere il virus, continuare a tenere aperte le biblioteche (che continuano ad essere frequentate come prima più di prima) è un atto di assoluta e totale  incivile irresponsabilità.
La cultura in Italia è ferma, fermissima da anni e non è con queste aperture simboliche e con slogan retorici che ripartirà.
E spiace che a questo si sia associata, buon ultima va detto, sempre sul pezzo con un paio di settimane di ritardo, anche l'AIB - Associazione Italiane Biblioteche - che in un suo comunicato ha ribadito la favola bella dei servizi indispensabili che non possono essere interrotti. Evidentemente anche in AIB ci son molte persone che non frequentano biblioteche pubbliche, non le tengono in nessun conto e si cullano nell'autoreferenzialità appagante della Cultura con la C maiuscola.
Mi spiace, ci avevo creduto. Da quest'anno non rinnoverò l'iscrizione.

3 commenti:

  1. Da bibliotecaria che da martedì ad oggi sta vivendo la riapertura con sentimenti contrastanti di rabbia, ansia e davvero tanta rassegnazione per l'inciviltà di alcuni e per il disinteresse e l'ignoranza del servizio degli amministratori, condivido in toto.

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  2. Riflessioni sul comunicato AIB, ormai incalzate dagli eventi.
    - Le biblioteche offrono servizi definiti essenziali solo ai fini della legge sull’esercizio del diritto di sciopero (12 giugno 1990 n. 146, come modificata nel 2015). Non sono altrimenti servizi essenziali che non possano essere interrotti per causa di forza maggiore. Infatti nell’ultima settimana di febbraio le biblioteche di Lombardia e Veneto sono state chiuse.
    - Il DPCM del 1° marzo ha consentito l’apertura degli istituti e luoghi di cultura nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e nelle province di PU e SV con misure (gli ingressi contingentati e la distanza minima tra i visitatori) applicabili ai musei, molto più difficilmente alle biblioteche. Non ha precisato come stabilire se c’erano le condizioni per aprire e che la decisione andava presa su parere del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e/o del medico competente, ad esempio.
    - Il DPCM del 4 marzo ha confermato le misure di contingentamento previste dall’art. 2 del DCPM precedente, che sono riferite, come recita l’articolo stesso, alle tre regioni e alle due province citate sopra. Non è scritto nel DPCM che ritenere ferme tali misure significhi estenderle al resto della nazione.
    Pertanto, le indicazioni che nel comunicato AIB sono date alle biblioteche come obblighi normativi si riducono in realtà a un orientamento sui servizi minimi da garantire in caso di apertura.
    - Intanto, mentre riflettiamo su apertura sì, no e come, bozza di nuovo DCPM che decreta chiusura totale in Lombardia e in alcune province di Emilia Romagna, Marche, Veneto e Piemonte.

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