Un amico mi racconta che non immaginiamo neppure cosa finisce nei cassonetti gialli, quelli che dovrebbero raccogliere indumenti usati in buone condizioni: abiti vecchissimi, laceri ben oltre la possibilità di essere indossati, indumenti (anche intimi) sporchi, scarpe spaiate.
Perché comunque è un dono, perché le cose vecchie non si buttano, perché in ogni caso stiamo facendo qualcosa di buono (è innegabile che chi non ha scarpe potendone indossare una sola migliori comunque del 50% le proprie condizioni, immagino penseranno i munifici donatori di calzature), perché insomma se se sei povero meglio un vestito sporco di niente, no?
Questa idea che nulla vada gettato, anche quando la destinazione naturale sarebbe la discarica, si sta estendendo anche ai libri, (con effetti meno drammatici, sia chiaro) a giudicare dai numerosi articoli che gridano allo scandalo per libri di biblioteche gettati nei cassonetti o abbandonati da qualche parte.
A legger le notizie si scopre che poi molte volte notizie non sono ma, si sa, a indignarsi basta un click.
Abbiamo una cantina piena di libri umidi e polverosi che non vogliamo più, che non ci interessano, che sono brutti, che ci ingombrano? Li si doni alla biblioteca, che diamine.
La biblioteca fa lo scarto di copie vecchie e malmesse? Non sia mai che vengano gettate, ci sarà ben qualcuno che potrà giovarsi di un'enciclopedia degli anni '80 (intanto si cominci a studiare quella, per gli aggiornamenti ci pensiamo poi), di un dizionario che manca di alcune pagine ma è comunque pieno zeppo di parole, di libri che, passati di mano in mano hanno rilegature traballanti, riparazioni malfatte a colpi di nastro adesivo, impronte di tazzine di caffè, tracce di cibo quando non di altro.
Possiamo donarli per il bookcrossing, per le "bibliotechine" spontanee, per quelle che nascono nelle corsie degli ospedali, perché un libro non si butta mai, è sacro, è cultura, si dona, perché un libro qualsiasi è meglio di niente.
Senza giri di parole: a me fa orrore questa idea che chi ha meno di noi, chi è in difficoltà, chi è ammalato non abbia diritto come noi, come tutti, a vestiti decenti, mutande pulite, scarpe in numero pari e libri in buone condizioni.
E l'indignazione dovrebbe partire forte e chiara ogni volta che in biblioteca vi danno un libro malmesso, ogni volta che vedete scaffali ingombri di ciarpame e non quando leggete articoli malscritti su presunti scarti.
Le procedure di scarto nella nostre biblioteche sono complesse, articolate (anche troppo), e volte principalmente alla tutela del patrimonio bibliografico. Chiedete ai bibliotecari come funziona, scoprirete che quello che viene scartato è quasi sempre in condizioni penose o comunque superato (veramente vi documentereste su una enciclopedia degli anni '80?)* che è comunque presente in altre biblioteche e che, se lo si ritiene opportuno, verrà sostituito da nuove copie.
In fin dei conti per gli indumenti e i libri dovrebbe valere la stessa regola: doniamo quello che potremmo indossare ancora (se non avessimo cambiato taglia, se non fosse stato un acquisto sbagliato) e quello che potremmo leggere ancora. Il resto finisca dove deve finire: riciclato a creare nuovi filati e nuova carta.
E che mi giungano in dono libri a caso, usati e provenienti da cantine umide se scriverò ancora una sola riga sullo scarto
*Le enciclopedie degli anni '80 in genere sono state messe a deposito e non scartate