lunedì 31 dicembre 2012

Piccolo bagaglio per il prossimo anno


In partenza per il 2013 cosa mettere in una ipotetica valigia? C’è qualcosa di quest’anno così critico che possiamo portare con noi sperando che nel prossimo possa dare qualche frutto?

Metto in valigia La legge di iniziativa popolare per promuovere il libro e la lettura promossa dall’Associazione Forum del libro
La proposta è aperta al contributo di tutti attraverso un wiki e solamente alla fine di questo percorso verrà  presentata agli elettori per la raccolta delle firme previste.
Al momento sul wiki, costantemente aggiornato, è già presente l’ossatura della legge, una ventina di articoli suddivisi in tre titoli.
L’articolo 1 pone le basi della legge, i suoi scopi: la promozione della lettura e del libro su qualsiasi tipo di supporto, il riconoscimento della sua natura di prodotto culturale, la promozione delle biblioteche e, in particolare, della cooperazione bibliotecaria.
Il primo elemento degno di nota mi sembra essere proprio questo mettere al primo posto la lettura anziché il libro (e mi piacerebbe che questa inversione fosse presente anche nel titolo). Significa promuovere una pratica, una attività, un’esperienza anziché un oggetto, un prodotto, per quanto di natura culturale.
E poi l’importanza delle biblioteche, della cooperazione bibliotecaria.
Questi due elementi, veri propri cardini della legge, ricorrono in numerosi altri articoli. La lettura è considerata strumento di base per l'esercizio del diritto all'istruzione ed alla cultura che deve entrare a far parte della vita quotidiana della società, diventare abitudine, consuetudine.
Per giungere a questo il ruolo delle biblioteche è considerato fondamentale. I principi e valori delle biblioteche sono (articolo 5) libertà intellettuale, accesso all'informazione, uguaglianza, pluralismo e la biblioteca è (articolo 6)  strumento di attuazione della Costituzione della Repubblica, poiché assicura uguaglianza sostanziale e pari opportunità d’accesso all’informazione, all’istruzione, alla conoscenza, alla cultura e alla libertà di ricerca scientifica.
Non manca, sempre nell’articolo 6, un riferimento al servizio di biblioteca che deve essere gestito da personale qualificato. Riferimento meno banale di quanto appaia dal momento che troppo nel nostro paese i criteri per l’assunzione di bibliotecari rasentano il folclore

E, sempre a proposito  della professione di bibliotecario, metto in valigia anche la recentissima approvazione della legge sulle professioni  non ordinistiche,  (qui si trova tutto l’iter legislativo in attesa della pubblicazione del testo definitivo )
La legge è un primo, indispensabile passo per il riconoscimento della nostra professione dal momento che  stabilisce modelli per la definizione di  requisiti, competenze, modalità di esercizio e certificazione delle attività professionali.
Assieme alla legge porto anche l’impegno dell’AIB che, dopo aver lavorato a lungo per raggiungere questo traguardo, è adesso indirizzato a creare “ un meccanismo virtuoso di certificazione interna, che faccia corrispondere allo status di associato precisi requisiti di competenza, a garanzia della qualità dei servizi erogati ai cittadini” e a  “costruire le condizioni affinché l’essere iscritti all’AIB significhi possedere i requisiti per esercitare il mestiere di bibliotecario in Italia”

E, per finire, porto con me Parlar di libri in modo decente . Parlar di libri in maniera semplice, emozionante, ironica, divertente come  avviene nei numerosi esempi di campagne di promozione della lettura raccolti da Annamaria Testa. Parlar di libri come non si riesce, purtroppo, a fare in Italia dove il Centro per il libro e la lettura ha promosso una campagna a dir poco imbarazzante (ne parlavo qui)

Parlar di libri magari mangiando biscotti (voglio finirlo sorridendo questo anno)


domenica 9 dicembre 2012

In difesa di Anobii


Vale la pena rispolverare il celebre motto di Scheiwiller, ma citandolo per intero: Non ho letto il suo romanzo e non mi piace: non lo giudico.
La posizione di Scheiwiller è una presa di distanza forte e personale, una dichiarazione di non interesse, di non appartenza che non ha bisogno  di motivazioni, di spiegazioni, ma non è un giudizio, non è una stroncatura.

Mi è tornato in mente leggendo sul Venerdì di Repubblica del 7 dicembre l’articolo di Nicla Vassallo Alla larga dagli “aNobiani” lettori e saccenti e un po’ marpioni (qui trovate il testo).

La Vassallo dichiara la sua assenza da aNobii ma sente il bisogno di motivarla con l’arma del disprezzo non solo perché il suo credo «insieme troviamo i libri migliori» mi pare chimerico ma anche per la incerta la competenza degli aNobiiani che recensiscono, commentano, votano. E in un crescendo, più censorio che recensorio, definisce, per sentito dire, per carità che le i non bazzica simili conventicole, gli aNobiani bellimbusti letterari che cuccano esibendo il numero dei volumi, vanitosi, esibizionisti, saccenti e anche un po’ marpioni.

Ma proseguendo si arriva al punto, al nocciolo della questione: la superiorità dei salotti della realtà non virtuale, il rimpianto dei bei tempi andati e lo struggimento per la corrispondenza epistolare (abbastanza virtuale anche questa, direi) nel film 84 Charing Cross Road, interpretato da Anne Bancroft e Anthony Hopkins.

Insomma niente di nuovo sotto il sole: la cultura è una cosa seria e lasciate parlare chi sa e gli altri zitti ad ascoltare e poi la solita trita e ritrita questione del virtuale ricettacolo di ogni nefandezza mentre nella vita "vera" si mangia in punta di forchetta.

Ma alla fine ha ragione o no Nicla Vassallo? Sì e no. Il mondo è pieno di bellimbusti, vanitosi saccenti ed esibizionisti. Alcuni sono su aNobii, altri in coda al supermercato, altri in sala d’aspetto dal dentista, altri ancora scrivono pessimi articoli sui giornali.

Lettura consigliata (ancora una volta): Luca Ferrieri, La lettura spiegata a chi non legge, Bibliografica, 2012


venerdì 30 novembre 2012

Loro si scusano

(ma non per questo è meno profondo il mio scontento)


Nel mio post precedente, Di refusi editoriali, scansioni bruttissime e del mio profondo scontento, raccontavo delle mie disavventure con un e-book della casa editrice Bompiani. E-book di pessima fattura, figlio di una edizione cartacea altrettanto pessima, figlia quest'ultima, a sua volta, di una vecchia edizione Mondadori di ottima qualità.
Lo raccontavo sotto forma di lettera ad Elisabetta Sgarbi, lettera che le ho effettivamente inviato, attraverso il sito della casa editrice senza ottenere risposta.
Qualche giorno dopo Ciccio Rigoli, il bravissimo libraio di Ultima Books, nel blog La voce dei Librai, Cari editori, non fateli proprio gli ebook, racconta un paio di casi di pessime realizzazione di ebook fra i quali il mio e decide di togliere L'inverno del nostro scontento dai consigli del mese
Anche per questo noi librai abbiamo deciso di toglierlo dai consigli del mese, giudicandolo indegno. Non possiamo toglierlo dalla vendita, ma eviteremo accuratamente di pubblicizzarlo d’ora in poi. Ci scusiamo se non ce n’eravamo accorti prima, ma l’avevamo letto tempo fa in cartaceo, per questo eravamo molto contenti ci fosse anche la versione digitale.
Nel frattempo se ne parla anche in Baionette librarie e in Writer's Dream, insomma non voglio dire che questo fatterello sia diventato un caso ma ha certamente raggiunto la manzoniana soglia dei 25 lettori.
Scrivo anche sulla pagina facebook della Bompiani e su Twitter ma anche in questo caso nessuna risposta, provo quindi vie più tradizionali e contatto l'ufficio stampa della casa editrice che, finalmente, mi risponde molto velocemente. O molto sbrigativamente, giudicate voi:
sono dispiaciuta, purtroppo ci sono stati problemi con quell'edizione. Li stiamo tuttavia risolvendo e aggiorneremo i file quanto prima
Seguono i saluti, per carità, cordiali.
Sinceramente non mi sembra molto, avrei alcune domande (che immagino non avranno risposta) da rivolgere alla Bompiani:

  1. quando i file saranno aggiornati ci sarà la possibilità di scaricarli nuovamente nella versione corretta?
  2. pensate di correggere anche l'edizione cartacee e di sostituire le copie coi refusi? Con che modalità?
  3. cosa pensate di fare con altre edizioni cartacee e digitali di scarsa qualità che avete pubblicato?

Per quanto riguarda i miei acquisti personali certamente non acquisterò più libri Bompiani. Ma anche per quanto riguarda gli acquisti che effettuo per la biblioteca per la quale lavoro non potrò non tenere in considerazione la scarsa qualità dei prodotti della casa editrice e la scarsa considerazione dimostrata nei confronti dei lettori

mercoledì 14 novembre 2012

Di refusi editoriali, scansioni bruttissime e del mio profondo scontento

Gentile Elisabetta Sgarbi,

qualche giorno fa ho acquistato un e-book della Bompiani, la casa editrice da lei diretta: John Steinbeck, L’inverno del nostro scontento. Un grande autore, la traduzione di Luciano Bianciardi, una casa editrice prestigiosa, pensavo di andare sul sicuro.
E invece un disastro. Nel solo primo capitolo almeno cinque refusi. Difficile imputarli all’e-book,  avevo già letto la pessima versione  elettronica di Storia della mia gente di Nesi con salti di righe, paragrafi non allineati, punteggiatura ballerina.
In questo caso si tratta di accenti (cercò invece di cerco, li invece di ), parole incomprensibili (Fiu invece di Più, sfamo invece di siamo) un misterioso ri. chiuse.
Insomma sono andata a vedere l’edizione cartacea (Tascabili Bompiani 2011) dove ho ritrovato esattamente gli stessi errori.
A questo punto (i bibliotecari son tipi pignolini) negli scaffali di casa mia ho trovato una bella edizione Oscar Mondadori di mio marito (che ovviamente se la ride). Senza errori ma con alcune particolarità: quello che nel 2011 è un cercò accentato nel  1966 era un cerco con la o con una sbavatura tipografica, il misterioso ri. chiuse deriva da un richiuse con la lineetta  dopo la prima sillaba che segnala l’andare a capo.
Mi pare evidente che l’edizione Bompiani sia stata creata, e creata malamente, scansionando una precedente edizione Mondadori, io non so se sia una pratica diffusa, so solo che in questo modo si offendono Steinbeck, Bianciardi, e tutti i lettori che come me hanno acquistato il libro.
Gentile Elisabetta Sgarbi non so se leggerà mai questa mia nota, proverò a postarla anche sul suo forum, ma vedo che è fermo al 2010 e, mi perdoni, c’è qualche refuso anche lì.
La saluto con alcuni commenti  lasciati dai lettori de L’inverno del nostro scontento su Anobii
nota all'editore:
caro signor bornpiani, quando peròe il file con il testo di un libro che vuole ripubblicare e lo recupera da una scansione di una oopia veccbia, abbia il buon cuore di far passare il r sultato attraverso un correttore autornatico, almeno. 
Attenzione: questa edizione è piena zeppa di errori di stampa e refusi 
l'edizione in questione e piena di una valanga di errori di battitura ... sfiancante 
E' stata una lettura noiosa e difficile soprattutto per i numerosi refusi presenti nell'edizione de I Tascabili Bompiani: in alcuni punti era difficile anche capire il senso della frase. 
Quest'edizione Bompiani, inoltre, è piena di refusi e fastidiosi errori di stampa.

giovedì 1 novembre 2012

Così vicino, così lontano


Dialogo di un lettore di libri di carta e di una lettrice di e-book


Mio marito ed io siamo fra quelli che le statistiche considerano lettori forti.
Lui legge solo libri di carta e inchiostro. Io, da qualche mese, anche e-book.
Lui si diverte molto a punzecchiarmi sulla superiorità del suo mezzo di lettura e io, ovviamente, non sono da meno. 

L’odore della carta
Lui – Sì ma vuoi mettere l’odore della carta?
Io –  Certo,  come il delizioso odore di muffa di quel libro che hai comperato in un mercatino e che ha aleggiato per mesi in tutto lo studio. Suvvia puoi fare di meglio

La leggerezza
Io – Vedi  quando siamo andati a Parigi tu nel bagaglio non sei riuscito a portarti dietro nemmeno un libro, io invece col mio kindle in 160 grammi avevo almeno una ventina di libri
Lui – Anche tu puoi fare di meglio. A parte il fatto che alla sera eravamo talmente stanchi da non riuscire a leggere due righe, mi spieghi perché per stare a Parigi cinque giorni hai bisogno di una ventina di libri? Comunque meglio il possesso compulsivo di libri che di scarpe con la suola rossa
Io – Il fatto è che le scarpe con la suola rossa non me le posso permettere

Fra cinquant’anni
Lui - Fra cinquant’anni i miei libri di carta ci saranno ancora, cosa ne sarà dei tuoi e-book?
Io – Francamente me ne infischio (cit.). E poi pensa a quando qualcuno cercherà di rifilare i tuoi libri di carta alla biblioteca e la biblioteca non li vorrà
Lui – Francamente me ne infischio anch’io

Il risparmio
Io – E poi gli e-book costano meno dei libri di carta. E tutti i giorni c’è un’offerta a 99 centesimi o a 1 euro e 99
Lui – Così finisci per comperare libri che magari non ti interessano solo perché sono in offerta e  ti fai condizionare nelle tue letture
Io – O magari in questo modo leggo libri che altrimenti non avrei mai letto. E’ una questione di punti di vista, no?

Sottolineare e annotare
Lui – Quando leggo un libro mi segno i personaggi, prendo appunti, sottolineo
Io – Se tu provassi un e-book ti accorgeresti che puoi fare le stesse cose e molte altre. Puoi ricercare i personaggi e andarti a rileggere tutti i passi in cui appaiono, puoi sottolineare e scrivere note e puoi condividerle in rete

Così vicino così lontano
Lui – Il fatto è che condividi in rete ma io non so cosa leggi. Pensa a quando ci siamo sposati e abbiamo unito le nostre librerie. Pensa a quanti libri ho scoperto perché li hai portati a casa tu e viceversa, o a quanti libri le nostre figlie hanno pescato dagli scaffali. Adesso se volessi leggere un libro che tu stai leggendo col kindle dovrei comperarlo anch'io. Il fatto è che si sposta il mercato da un bene che può essere condiviso, che può passare di mano in mano, a un consumo personale

E in effetti penso a una vacanza nel Salento con 8 volumi con tutti i racconti di Cechov che mai avrei immaginato di leggere, penso alle decine di libri di Pessoa, Saramago, Lobo Antunes che ho portato a casa e fatto leggere, o penso a libri che sto leggendo e che, appoggiati su una mensola in bagno, su un tavolo in salotto, spariscono misteriosamente per riapparire nelle mani di qualcun altro.
Insomma è vero: è semplicissimo condividere in rete attraverso i social network suggerimenti di lettura, impressioni, scambiarsi note e citazioni, diventa più difficile farlo "dal vivo", in tutte quelle occasioni in cui il dialogo, lo scambio nasce dall'avere il libro fra le mani.

domenica 7 ottobre 2012

fra le righe

Qualche giorno in viaggio fra Toscana e Romagna ho finito di leggere Tramonto e polvere di Lansdale. In e-book.
Un inizio decisamente folgorante e poi una storia ben congegnata e furbetta, continue strizzatine d'occhio al lettore, insomma niente di particolare ma comunque una lettura piacevole per un viaggio in treno, pensavo, prima di affrontare l'ultima parte del romanzo: pastrocchiata, confusa e a tratti di difficile comprensione.
Ho dato la colpa alla stanchezza e ho provato a rileggere le ultime pagine con più attenzione, concentrandomi, ma la sensazione di confusione è rimasta.
Eppure dovrebbe essere la parte più avvincente: il ritmo si fa più serrato, ci si avvicina allo scontro finale fra "buoni" e "cattivi". Se fossimo in un un film vedremmo un montaggio alternato delle loro azioni: i buoni che si nascondono, i cattivi che scoprono il loro nascondiglio, i buoni che scappano, i cattivi che li inseguono...
Nell'e-book invece una lunghissima descrizione degli eventi senza soluzione di continuità senza comprendere, a volte, dove ci si trova e con chi.
Poi ho capito e per esserne certa ieri ho cercato il libro cartaceo in biblioteca e ho avuto la conferma.
Nell'e-book mancano le interlinee vuote che separano i paragrafi. Spazi che sono fondamentali perché introducono al cambio di scena e di prospettiva, rallentano il ritmo della narrazione proprio quando è al suo culmine per poi farlo ripartire con più slancio. Spazi che sono dei veri e propri respiri profondi.
E nell'e-book non ci sono.
Sciatteria, negligenza, vera propria incapacità di che ha confezionato l'edizione elettronica? Non saprei, probabilmente un misto di tutto questo, certamente scarso rispetto per il lettore e per lo scrittore ed anche scarso rispetto per il proprio lavoro.

Sollecitudine e amore, amore ci vuole al lavoro (Elio Pagliarani, La ragazza Carla)

sabato 15 settembre 2012

I poteri terapeutici della Dewey


Sono debitrice per il titolo e per tutto il post alla collega Marilena Puggioni che mi ha fatto scoprire Perché essere felice quando puoi essere normale? di Jeanette Winterson. Non conosco personalmente Marilena, ma da un po' di tempo ci scambiamo suggerimenti di lettura su facebook scoprendo non poche affinità reciproche.

Il libro è il racconto autobiografico dell'autrice, cresciuta da una famiglia adottiva di cristiani pentecostali, è il racconto di un infanzia  e una adolescenza vissute all'insegna di una religione cupa e oppressiva.
Ma è anche la storia di un grandissimo amore per i libri e  la lettura.
Amore che, come spesso accade, nasce dal divieto, dalla proibizione
Avevo il permesso di leggere saggi sui re e sulle regine, e opere di storia, ma per nessuna ragione al mondo potevo leggere libri di narrativa. Erano quelli i libri che portavano guai.
Le chiesi perché non voleva libri in casa e lei rispose: «Il guaio di un libro è che scopri cosa contiene solo quando è troppo tardi» 

La biblioteca di Accrington diventa un rifugio (Era come vivere in una biblioteca, il luogo dove ero sempre stata più felice) nel quale passere il tempo leggendo romanzi in ordine alfabetico scoprendo, per fortuna immediatamente, gli scritti di Jane Austen, e scoprendo anche altri possibili criteri di ordinazione

La biblioteca pubblica di Accrington utilizzava la classificazione decimale Dewey, perciò i libri erano meticolosamente catalogati, a esclusione della narrativa di puro intrattenimento, che tutti disprezzavano. Così, i Romanzi d’Amore erano contrassegnati da un’etichetta rosa ed erano sistemati in ordine non alfabetico negli scaffali dei Romanzi d’Amore. I Racconti di Mare subivano la stessa sorte, però avevano l’etichetta verde. L’Horror aveva l’etichetta nera. I Gialli avevano l’etichetta bianca, ma la bibliotecaria non avrebbe mai catalogato romanzi di Raymond Chandler o di Patricia Highsmith sotto quella voce: erano opere letterarie, così come Moby Dick non era un Racconto di Mare e Jane Eyre non era un Romanzo d’Amore.
La bibliotecaria stava spiegando i vantaggi della classificazione decimale Dewey alla sua assistente, vantaggi che si estendevano a ogni settore della vita. Era un metodo che aveva un suo ordine, come l’universo. Aveva una sua logica. Era affidabile. Chi lo usava si elevava moralmente, perché così facendo riusciva anche a mettere sotto controllo il proprio caos interiore. «Tutte le volte che sono agitata» disse la bibliotecaria «penso alla classificazione decimale Dewey.» «E poi che succede?» chiese l’assistente, intimidita. «Poi capisco che la mia agitazione è qualcosa che è stato catalogato nel posto sbagliato.»
Marilena si chiede se possa essere essere un'altra delle motivazioni per pubblicizzare la frequentazione delle biblioteche, secondo me già in molti le frequentano, più o meno consciamente, anche per questo motivo.
Quanto agli effetti terapeutici della Dewey, voglio crederci visto che, come scrive la Winterson, ammette una certa discrezionalità. È un altro dei suoi punti di forza. Ci salva dalla confusione e ci concede una certa libertà di pensiero.

Discrezionalità e libertà di pensiero che mi piace anche applicata alle biblioteche, come in quella di Accrington, dove già negli anni '70 molta  narrativa si collocava per genere.

domenica 9 settembre 2012

la letteratura con la pummarola 'ncoppa


Su il Post c’è un bell’articolo, Il profumo della carta. L’autrice, Chiara Lino, si chiede quanto debba costare, quale sia il prezzo giusto di un ebook. Nel porre la domanda su twitter è nato un botta e risposta con alcuni rappresentanti della casa editrice Neri Pozza che vi consiglio vivamente di andare a leggere. Non cercatelo su twitter, però, perché pare che per una oscura politica aziendale tutti  gli scambi vengano periodicamente cancellati, ma qui.
La tesi è nota e un po’ vecchiotta: i prezzi sono alti per difendere la qualità.
Ma non è questa la parte più interessante. Quello che veramente illumina sull’atteggiamento e le posizioni di certa editoria sono l’arroganza, la spocchia e la maleducazione che contraddistinguono i tweet di Neri Pozza. 
Alla giornalista sono state date risposte come “non vogliamo trattare la letteratura come pummarole a basso prezzo”, “non vendiamo libri a meno di due pummarole”, e  ad un ulteriore richiesta di spiegazioni, “vada in una libreria, è un bel posto, sa, in cui le spiegheranno tutto con calma
All’articolo sul post seguono vari commenti, fra i quali uno di Giuseppe Russo, direttore editoriale di Neri Pozza, che spiega l’accaduto in questo modo
Deve preliminarmente sapere che i suoi interlocutori NP in Twitter sono giovani che hanno così a cuore il progetto editoriale della casa editrice da difenderlo con irruenza non sempre controllata. Io non avrei usato gli stessi toni, anche se naturalmente condivido il contenuto delle loro affermazioni in toto. (…) Poiché però lei ha usato sempre un tono civile e cortese, e mi sembra interessata davvero a comprendere la nostra posizione su prezzi e ebook, eccomi qui con alcune mie considerazioni. Vi è, a mio parere, alla base della forte contrapposizione probabilmente una differenza, per usare un termine in disuso, “ideologica” non confessata: i giovani interlocutori NP divorano i libri di critica della modernità, e probabilmente per lei e i suoi altrettanto giovani amici la modernità con tutte le sue innovazioni va invece abbracciata in pieno.
In Veneto liquiderebbero il commento di Russo con un bel “l’è peso el tacon del buso”.
Non è una questione di irruenza giovanile ma di qualità, parola di cui la casa editrice si fa vanto e che pertanto dovrebbe contraddistinguerne tutti gli aspetti e di professionalità, parolone il cui elevatissimo utilizzo è inversamente proporzionale alla sua applicazione.  Twitter non è obbligatorio ma non è un simpatico giochino con cui prendere a schiaffoni i lettori, bensì uno strumento di comunicazione con alcune regole precise.
E ancora Russo elargisce considerazioni in virtù del fatto che Chiara Lino ha usato un tono civile e cortese. E se per suo carattere personale, per la difficoltà ad articolare concetti in pochi caratteri fosse stata un po’ brusca, non sarebbe stata degna di considerazione?
Insomma sarebbe un po’ come se io, che faccio la bibliotecaria e detesto i libri di Baricco (non ci posso fare niente, è più forte di me, non li reggo proprio) tutte le volte che me ne chiedono uno cominciassi a strillare “questa è una biblioteca teniamo letteratura, non pummarole, se ne vada al supermercato!”. O se rispondessi solo alle persone che mi si rivolgono con tono cortese.
E poi c’è la questione giovanile e “ideologica”. Da una parte i critici della modernità e dall’altra i giovani che della modernità abbracciano in pieno le innovazioni. (Su questo leggetevi anche il commento di Iscarlets che mette in evidenza alcuni nodi fondamentali)
Ma su quali basi Russo dice queste cose? Ha dati, statistiche, numeri che  confermino questa sua teoria? Mi piacerebbe sapere chi acquista e utilizza i device, se sono una questione generazionale. Circa un anno fa Renzo Ginepro, direttore commerciale di Adelphi, sosteneva praticamente l’opposto (se ne parlava qui e qui). E, in ogni caso, porre la questione in questi termini così limitanti non vuole forse dire pregiudicarsi delle fette di mercato?
Insomma non solo twitter non è obbligatorio, non lo è neppure produrre e-book. Certo che se si decide di farlo bisognerebbe provare a farlo anche per venderli e non arroccandosi su posizioni di chiusura e di rifiuto.

Intanto il 6 settembre scorso 451 intellettuali, editori, operatori del settore hanno firmato l'appello Le livre face au piège de la marchandisation, sbrigativamente tradotto da Repubblica "Salviamo i libri dal mercato 2.0" L'appello è come i soliti appelli, uno sguardo nostalgico al passato, una avversione decisamente forte alla "macchina del progresso cieco" (E i commenti dei lettori non sono stati teneri: c'è chi ha fatto riferimento alla non verdissima età di alcuni dei firmatari e chi, più sbrigativamente li ha chiamati zombi). C'è anche però, e questo mi sembra decisamente interessante, una chiamata ad unirsi per difendere innanzitutto la qualità, la dignità e la remunerazione del lavoro culturale e per costruire e progettare insieme. 

giovedì 6 settembre 2012

La più grande biblioteca del mondo






















Leggono tantissimo i francesi, o almeno i parigini, nei giardini, nei bistrot e soprattutto in metropolitana che, non a caso, Pennac ha definito come la più grande biblioteca del mondo. Leggono seduti, in piedi, aggrappati ai sostegni, leggono durante un viaggio che attraversa la città o anche nei pochi minuti che separano una fermata da quella successiva. Leggono di tutto da Guillame Musso a Zola, da saggi sull'europeismo a De Musset, da Marc Levy a Jasper Fforde.
Leggono libri di carta, solo di carta. In sei giorni di foto rubate nei vagoni della metropolitana non ho visto un solo e-reader.
Però leggono, forse perchè "la lettura è, come l'amore, un modo di essere" (ancora Pennac)


martedì 28 agosto 2012

Raccontare la legge 40


La Corte europea dei diritti umani boccia la legge 40 sulla fecondazione, titolano oggi i giornali.
Questa legge che tocca così profondamente la sensibilità delle persone, come tutte le leggi che sconfinano nell'etica e nella morale, è anche la protagonista, o comunque lo scenario di una serie di romanzi, tutti di autori italiani, di recentissima pubblicazione.
Due di loro, fra l'altro, sono anche miei concittadini, forlivesi.  La prima è Eleonora Mazzoni, attrice, che esordisce con  Le difettose (Einaudi, 2012). Il suo romanzo racconta, partendo da uno spunto autobiografico, la storia di una donna cerca di avere un figlio attraverso la procreazione assistita. Con i toni della commedia l'autrice racconta l'ossessione di una donna alla ricerca della maternità ma riesce a darci anche informazioni precise e puntuali sugli aspetti scientifici della PMA, e a scardinare qualche certezza su cosa sia naturale e cosa invece no, cosa eticamente giusto e cosa invece sbagliato.
Devo ad Eleonora le informazioni sugli altri romanzi ed in particolare quello di Simone Lenzi, La generazione (Dalai, 2012). Una storia analoga, il desiderio di un figlio, ma vista con gli occhi di lui, un portiere d'albergo che passe le sue lunghe notti leggendo.
Una biologa è invece Marta Baiocchi, autrice di  Cento micron (Minimumfax, 2012). E biologa è anche Eva, la protagonista, che deve affrontare sia la precarietà della sua situazione di ricercatrice che i confinifra lecito ed illecito nella legge 40, fino alla scoperta di un traffico internazionale di embrioni.
Ancora uno scienziato, ancora un forlivese, l'autore di Senso comune (Sellerio, 2011). Si tratta di Carlo Flamigni, professore di Ginecologia che si occupa di tecniche di fecondazione assistita e, da alcuni anni, autore di gialli che hanno per protagonista Primo Casadei, detto Terzo. In Senso Comune Pavolone e Maite, amici di Primo Casadei, decidono di avere un figlio con l'aiuto della fecondazione assistita e si scontrano che tutta una selva di divieti completamente privi di senso.
Quattro romanzi che da prospettive diverse provano a raccontare una realtà, quella dell' essere madre, padre, figli che riguarda tutti noi. Una realtà complessissima alla quale queste narrazioni si accostano con grande umanità, quella stessa umanità che manca alla Legge 40

domenica 19 agosto 2012

la parola a tre dimensioni

Sul blog EHI BOOK! di Alessia Rastelli e Tommaso Pellizzari sono state pubblicate ultimamente alcuni interessanti  interviste sugli e-book a scrittori personaggi vari
Si va da Milan Kundera fieramente avverso alle nuove tecnologie al punto che “da molti anni ormai, aggiungo a tutti i miei contratti, in qualsiasi Paese del mondo, una clausola in base alla quale i miei romanzi non possono essere pubblicati che sotto la forma tradizionale del libro. Affinché li si possa leggere solo su carta, non su uno schermo” a posizioni più aperte.
Equilibrata quella di Gianrico Carofiglio che non vede antitesi fra e-book e carta (di cui, al solito, apprezza comunque l’odore) e a cui “piace l’idea che l’e-book costituisca uno strumento per migliorare tutto il sistema. Io leggo i libri sia in formato digitale che in formato cartaceo”.
Un dinosauro laico, invece lo scrittore Paolo Giordano, che ammette di avere un e-reader ma di non usarlo e di essere quindi un dinosauro nei comportamenti personali ma di non avere particolari preclusioni di carattere generale.
L’ultimo intervento, infine, quello di Fabio Fazio che lapalissianamente nota come in vacanza sia meglio avere 50, 100 ebook in un ereader che in una valigia, ci risparmia l’accenno all'odore ma non quello al piacere tattile della carta e conclude affermando che «la pagina è un supporto eccellente per dare tridimensionalità alla parola»
Nulla di nuovo sotto il sole: dai fieramente avversi alla nuova tecnologia, a chi non “ci si trova” senza averla mai provata, a chi afferma di usarla ma corre ogni tanto a toccare e annusare pezzi carta.
Insomma finora le osservazioni più sensate sugli e-book me le hanno fatte attorno a casa. Da mio marito che mostrandomi un’edizione Sansoni acquistata nel 1966 dei Fratelli Karamazov che sta leggendo mi chiede se sono sicura di poter rileggere fra quarant’anni gli e-book che sto acquistando ora. Ovviamente no e non solo per una questione di formati.

Fino al mio vicino di ombrellone che vedendomi col kindle si dice privato del piacere voyeuristico di sbirciare la copertina per scoprire cosa sto leggendo. E sostiene che io abbia passato l’estate impegnata non con Guerra e pace come andavo dicendo ma con le 50 sfumature di grigio.

Ammetto però che probabilmente qualcosa mi sfugge per quanto riguarda la carta. E’ l’affermazione di Fazio che «la pagina è un supporto eccellente per dare tridimensionalità alla parola». Forse era convinto che l’intervista fosse sui libri pop up, come quello, bellissimo, qui sotto che difficilmente vedremo nella versione e-book.


lunedì 13 agosto 2012

l'odore del kindle

Su Repubblica di ieri ennesimo articolo sulla superiorità del libro di carta rispetto all'e-book. Sospetto che nelle redazioni dei quotidiani  ne conservino una scorta da pubblicare quando non si riesce a riempire il giornale e si sono esauriti anche i pezzi del tipo "Quando fa molto caldo è meglio stare al fresco" o "Con le alte temperature estive sono da preferirsi cibi leggeri allo stufato di cinghiale"

Il pezzo di oggi è tratto da un saggio di Julian Barnes. Lo scrittore racconta le origini la sua passione per i libri, per il loro aspetto materiale, fisico, la sua passione per il collezionismo, la sua predilezione per i libri usati.
Già a quell'epoca probabilmente preferivo i libri usati a quelli nuovi (...) Un libro offriva la sua visione del mondo a una persona, poi a un'altra, e così via per generazioni: mani diverse avevano stretto lo stesso volume traendone degli insegnamenti talvolta uguali talvolta diversi. I libri usati tradivano la loro età (...). Inoltre avevano un buon odore -anche quando puzzavano di sigarette e (occasionalmente di sigaro).
Fin qui nulla di particolare siamo nella normalissima casistica del feticismo librario che prima o poi colpisce chiunque sia un lettore accanito. Anche se, a dire il vero, il riferimento all'odore della carta dovrebbe metterci in guardia. Infatti Barnes prosegue invocando addirittura una funzione olfattiva del kindle che permetta ai libri elettronici di odorare di carta umida, passare del tempo e nicotina. Inoltre "mentre i libri sembrano contenere conoscenza, gli e-reader danno l'impressione di contenere informazioni" e di non restituire quell'idea di continuità di fruizione che costituisce il vero fascino del libro. 
Ora  se Barnes avesse veramente avuto per le mani un Kindle si sarebbe reso conto che esiste la possibilità non solo di visualizzare le sottolineature di altri lettori, ma anche le note, di scriverne delle proprie, di condividerle. Insomma l'esperienza di condivisione della lettura di continuità della fruizione non è affatto cancellata dal libro elettronico, tutt'altro.

Per quanto riguarda l'odore del kindle (che secondo me è buonissimo), qualcuno ha un sacco di idee brillanti in proposito

mercoledì 8 agosto 2012

A che gioco giochiamo? 2

Queste  immagini in bianco e nero così datate  illustrano forse il primo "gioco" creato per aiutare gli utenti delle biblioteche nella scelta dei libri. 
Il "gioco" si chiama Bookouse e siamo in Danimarca nel 1988.
Gioco fra virgolette perchè in realtà si tratta dell'interfaccia grafica di un database, interfaccia che è stata realizzata per studiare le interrelazioni tra il bibliotecario e l'utente alla ricerca di libri.
Il database era stato costruito sulla  base di una serie di interviste ad utenti delle biblioteche danesi nel corso delle quali veniva chiesto loro quali fossero gli elementi maggiormente significativi che caratterizzavano i libri di narrativa.
Nella prima immagine ci troviamo già dentro la casa dei libri e possiamo decidere se optare per il database con materiale per adulti (a destra) per bambini (a sinistra) o per famiglie (al centro).
Entrando ci troviamo in una stanza (seconda immagine) nella quale si possono selezionare le modalità di ricerca preferite. Ognuno degli elementi della stanza è un simbolo: l'orologio rappresenta l'ambientazione storica dei libri, il mappamondo quella geografica. Era possibile inoltre fare ricerche basandosi sulla descrizione dei libri, sulle immagini, per analogia. 
Bookhouse è stato testato, ottenendo risultati molto positivi, per sei mesi sia con bambini che con utenti adulti ed è servito per sviluppare tesauri di indicizzazione della narrativa e opac che ne tenessero conto.
In Gran Bretagna, più recente e con una veste grafica modificata e aggiornata pochissimi mesi fa, c'è Whichbook. Divertentissimo gioco: sono elencate una serie di caratteristiche contrapposte e bisogna indicarne quatto spostandosi con un cursore. Si può scegliere, ad esempio, fra no sex/lots of sex, safe/disturbing, easy/demanding, short/long, ecc. Altre possibilità di selezione sono basate sulle caratteristiche dei personaggi, della trama e sull'ambientazione (reale o immaginaria che sia). Una volta effettuate le proprie scelte si ottengono le indicazioni di alcuni libri ed anche delle biblioteche della Gran Bretagna che li possiedono. In questo caso dietro l'aspetto del gioco gli ideatori (Opening the book) propongono un nuovo modo di scegliere cosa leggere basato sul tono del libro, le emozioni ecc. I libri presenti nel database sono stati letti da volontari opportunamente addestrati.
Infine uno sguardo negli Stati Uniti per segnalare Which book should you read this summer? un gioco rivolto agli studenti delle scuole medie superiori per aiutarli nella scelta delle famigerate letture estive. 101 libri fra cui scegliere percorrendo le linee di un diagramma, partendo dalle opzioni fiction/non fiction e proseguendo via via attraverso altre scelte e suddivisioni.

venerdì 3 agosto 2012

A che gioco giochiamo? 1


Come scegliamo le nostre letture? Leggendo recensioni, sfogliando i libri in libreria, passeggiando fra gli scaffali in biblioteca, grazie al passaparola, al suggerimento di un amico. Adesso possiamo farlo anche giocando. 
 
Il Sistema Bibliotecario dei laghi ha creato I libri di Sofia, tre percorsi all’insegna del motto Leggere è anche un gioco che,  suddivisi in base all’età, da 0 a 14 anni (con ulteriori quattro suddivisioni al suo interno), da 15 a 25 e per chi ha più di25 anni, consentono di trovare suggerimenti di lettura rispondendo ad una decina di domande. Il tono è volutamente leggero, giocoso, si è invitati a scegliere fra finali di storie, personaggi letterari, ambientazioni  “libresche” per le proprie vacanze.
Alla fine del percorso Sofia indica suggerisce alcuni libri riportando anche le indicazioni delle biblioteche che li possiedono.

Stesso principio, quello divertente, leggero, senza pretese di scientificità anche nel test Che lettore sei? Di Portaletture. Giuseppe Bartorilla, l’ideatore del gioco, da me interpellato gentilmente mi risponde:
mi sembrava carino inserire uno di quei giochi leggeri (e spesso estivi) per avvicinare non solo i più giovani ma anche gli adulti al la letteratura per ragazzi. Niente di scientifico quindi (anche se qualche commento appare di sconcerto per non aver azzeccato il profilo) bensì un gioco di rimandi con altri titoli e personaggi legati ai singoli profili. Per quanto riguarda l'organizzazione del gioco ho scelto quella più semplice (da rivista da spiaggia per intenderci) ovvero: ho scelto 10 titoli tra libri, film e fumetti, poi ho scelto una domanda per ciascun titolo, creato 5 risposte, e dato un punteggio da 1 a 5 ad ogni risposta. Ho scelto cinque possibili profili associando le risposte al profilo.
Se siamo veramente disperati e non abbiamo ancora trovato il libro giusto possiamo ricorrere a 118 libri Pronto soccorso letterario.  Occorre registrarsi e anche in questo caso rispondere ad una serie di domande per ricevere al proprio indirizzo di posta suggerimenti di lettura personalizzati . Indicando anche la città in cui si vive le tre autrici del progetto dovrebbero inviare un elenco di biblioteche che possiedono il libro consigliato, oltre a ricette e pietanze ispirate al libro, la musica di artisti emergenti e di vecchi virtuosi da accompagnare alla lettura
Gli scopi dichiarati in questo caso non sono puramente ludici, ci si propone di creare “una comunità libroterapeutica nella quale ognuno può commentare, consigliare, approfondire e anche confutare i nostri interventi”, ma è innegabile che, almeno per ora, la parte più convincente sia quella del test anche se il sito si va lentamente arricchendo di nuovi contenuti e recensioni.

Ultima arrivata è una applicazione di facebook dal titolo bellissimo Librocadabra che si propone di trovare i libri a noi più adatti “con la magia” sulla base del nostro profilo facebook. 
Niente di scherzoso o di giocoso, questa volta, piuttosto una profilazione dei propri dati. L’applicazione accede alle informazioni del proprio profilo e di quelle degli amici relative a: descrizione, compleanno, gruppi, città natale, interessi, "Mi piace" e orientamento politico e religioso. Alle spalle c’è il Gruppo Mauri Spagnol e i libri suggeriti, fino a prova contraria, appartengono esclusivamente a questo specifico gruppo editoriale.

Prossimamente: un'occhiata a come si gioca all'estero

sabato 14 luglio 2012

Candida come una rosa

La casa editrice Einaudi per pubblicizzare il libro La rosa candida anziché scomodare i critici si affida al commento di un anonima lettrice di Amazon
"Guardo solo film piú grandi della vita". Questo è un libro piú grande della vita. Inizi a leggere e ti ritrovi in uno stato di grazia. L'opposto dei libri che vuoi finire in fretta, perché noiosi o pieni di suspense: qui assapori ogni frase. Una delizia
 E' la fine della critica, intesa come autorevolezza e prestigio, sostiene Filippo La Porta sul Corriere della Sera, e l'inizio della democrazia.
E se invece fosse solo l'inizio delle ferie? In ferie il critico, scopiazziamo da Amazon  che fa tanto social, e in ferie anche il traduttore, usiamo Google translate. Ed ecco un libro addirittura più grande della vita, traduzione letterale (meccanicamente letterale) e abbastanza incomprensibile di larger (o bigger) than life che sarebbe più opportuno tradurre con straordinario, indimenticabile
Speriamo non abbiano utilizzato Google anche per la traduzione del libro!

giovedì 12 luglio 2012

Guilty pleasures without guilt


Che non è l’ultimo capitolo della saga zozzona con le sfumature 

 

Sarà che in biblioteca cominciano a chiedere le letture leggere da ombrellone, sara che un po' dappertutto ci si chiede se la trilogia della 50 sfumature sia  bella o sia una bufala pazzesca, ma la questione della qualità letteraria continua ad affascinarmi.
In un post precedente (Bello come BradPitt, alla sagra di Camandona) raccontavo come, da quanto stavo leggendo, mi sembrasse difficile occuparsi di qualità senza cadere in snobismi e separare la critica letteraria dal giudizio sui lettori. Il collega Francesco Mazzetta mi faceva notare che “quello che è giusto fare sempre è giudicare le letture, cioè i libri, non i lettori”, ma qui cominciano i problemi dal momento che non ho trovato grandi elaborazioni teoriche su cosa sia la qualità letteraria, dove alberghi e come si riconosca.
Se di Alte tirature, il volume di Spinazzola, si è già detto, bisogna comunque aggiungere che né la classifica Pordenonelegge-Dedalus, che da anni stila una classifica di libri di qualità, né il volume L’indice dei libri dell’anno.La classifica di qualità dei libri del 2011, entrano nel vivo delle proprie motivazioni, rendendo chiari ed espliciti i criteri delle scelte, ma si appellano ad una generica nozione di qualità.

Ho trovato una situazione un po’ diversa, un tentativo di analizzare più da vicino e più a fondo la situazione, insieme ad una profonda consapevolezza delle ragioni di chi legge, in un dibattito che si è sviluppato negli ultimi mesi negli Stati Uniti e che prende il via da un articolo pubblicato sul New Yorker:  Easy wirters. Guilty pleasure without guilt di Arthur Krystal.
Krystal pone alla base del suo ragionamento il fatto che la distinzione fra literary fiction e genre fiction, pur continuando a sussistere, (alla prima andrebbero riconosciuti meriti letterari mentre la seconda avrebbe un ruolo di fuga dalla realtà, di evasione) stia diventando sempre meno chiara e che scrittori che un tempo venivano considerati “guilty pleasures”, cioè quelle letture che ci piacciono ma di cui un po' ci vergognamo, abbiano acquisito col tempo un status letterario.
Lev Grossman, in una interessante e puntuale risposta all'articolo apparso sul New Yorker,  (Literary Revolution in the Supermarket Isle) accoglie l'idea di diversi livelli qualitativi della narrativa che tuttavia non vanno legati a singoli specifici generi,(perché qui - dice lui - le sfumature di grigio sono molteplici)  ma si discosta completamente dalle opinioni di Krystal quando questi afferma che siamo ancora giudicati in base ai libri che leggiamo e che forse è giusto che sia così.
Per Grossman i romanzi non sono o non dovrebbero essere status symbol. Probabilmente questo atteggiamento nei confronti della lettura è legato ad una concezione puritana della vita: se non è difficile è peccato, o all'idea che qualsiasi cosa sia contaminata col commercio, come la narrativa di genere, sia automaticamente squalificato e privato di valore estetico
Infine, completamente dalla parte del lettore Gary Gutting che, in Reading and guilty pleasure, sposta l'attenzione dall'idea che vi siano libri e generi oggettivamente inferiori all'importanza delle preferenze personali del lettore.
Secondo lui molte delle discussioni sui guilty pleasure partono dal presupposto errato che la qualità della narrativa “seria” sia più elevata ma meno piacevole di forme di narrativa “inferiori”
Ma cos'è che consideriamo piacevole nella lettura? Per Krystal, come abbiamo visto, la narrativa di genere ci aiuta ad evadere dai problemi della vita quotidiana in un mondo alternativo, più eccitante, più attraente. Ma Jane Austen o Thomas Mann non ci possono forse aiutare ad alleviare le nostre preoccupazioni quotidiane tanto quanto Ken Follet o John Grisham?
Apparentemente più plausibile è l'idea che la narrativa “seria” sia meno piacevole perché richiede un maggior sforzo intellettuale per comprenderne la complessità. Ma, sostiene Gutting, chi lo dice che ciò che è difficile da leggere non sia piacevole? C'è un atteggiamento mentale completamente diverso a seconda che ci riferisca ad attività mentali o fisiche. Maratone, scalate, tennis o basket a livello competitivo sono attività decisamente impegnative ma anche estremamente soddisfacenti.
Perché non deve esserlo anche la lettura di un testo impegnativo? I lettori di narrativa di genere implicitamente riconoscono tutto questo quando ritengono che i loro libri favorite meritino lo stesso tipo di attenzioni e di analisi dettagliate che si è soliti riservare ai classici.
Insomma il libro di qualità è trasversale ai generi e lo si riconosce per la "sua capacità di ricompensare - con piacere - coloro che si adoperano per scoprire le sue ricchezze"
E già che ci siamo, perché non dare un'occhiata anche alla rubrica su NPR My Guilty pleasure, scrittori che parlano di libri che adorano ma che si vergognerebbero se fossero visti a leggerli e confessare i propri piaceri segreti?
Comincio io: ho letto libri di Carolina Invernizio, l'onesta gallina della letteratura popolare, come la definì Gramsci. E non riuscivo a staccarmene.

martedì 26 giugno 2012

Contro le doppie copie

Dopo il grande successo de Il profumo delle foglie di limone, è arrivato in biblioteca il secondo libro di Clara Sanchez: La voce invisibile del vento (a proposito se qualcuno sa se esistono voci visibili e come sono fatte, si faccia avanti e me lo spieghi per favore. E comunque il titolo originale è Presentimientos). Il libro è andato immediatamente in prestito, è già gravato di numerosissime prenotazioni e ve lo chiedono almeno tre volte al giorno. Insomma siete tentati dall'acquisto di una seconda copia.
Fermatevi, non fatelo. A meno che voi non lavoriate in una biblioteca che negli ultimi anni ha visto crescere le proprie risorse di denaro, personale e spazio, ma in questo caso lavorate su Marte e lì il libro della Sanchez non è ancora stato tradotto.
Ci sono un sacco di buone ragioni per non acquistare le doppie copie di libri che abbiamo già in possesso (generalmente best seller di narrativa).
La prima è banale: con quei soldi potete acquistare un altro libro, ampliando e diversificando la vostra offerta. E' il caso, con bilanci ridotti all'osso, di destinare parte delle risorse all'acquisto libri che abbiamo già?
Potremmo pensare di farlo se riteniamo che si tratti di un libro che avrà una lunga vita all'interno della biblioteca, uno di quei libri che continuano ad essere prestati tutti gli anni.
Siamo sicuri che il vento della Sanchez sia uno di questi o non si tratti piuttosto dell'ennesimo caso editoriale montato ad arte? Sono andata a leggermi un po' di commenti su Anobii e IBS e, insomma, qualche sospetto è più che lecito.
E poi ricordate che una seconda copia è per sempre, come i diamanti, o quasi. Liberarsene, una volta che i prestiti saranno calati, sarà faticosissimo. Probabilmente fra qualche mese dovrete toglierla dalla sezione a scaffale aperto per far posto a nuovi arrivi, cambiarle collocazione, mettendola in un magazzino, stampare una nuova etichetta. Poi anche il magazzino sarà pieno e qualcuno penserà di metterla nell'elenco per lo scarto. Fermi! Non siete ancora riusciti a scartare i doppioni dell'Eleganza del riccio e della Solitudine dei numeri primi.
Un giorno finalmente riuscirete a compilare l'elenco dello scarto e dovrete dire quante copie del libro ci sono in biblioteca, quante in Polo, compilare un lungo elenco e chiudere tutto in scatoloni e aspettare. Gli scatoloni per un po' staranno sotto la vostra scrivania, poi stanchi di prenderli a calci verranno spostati da qualche parte e continuerete ad inciamparvi ancora per qualche annetto, se tutto va bene.
Ma allora cosa possiamo fare, cosa possiamo dire ai lettori (in questo caso per lo più alle lettrici) che richiedono questo libro e non lo trovano'
Innanzitutto che la biblioteca non è un Pronto Soccorso e che se anche lo fosse ci troveremmo davanti ad un codice bianco e che quindi è necessario munirsi di pazienza e aspettare il proprio turno. Magari non in questi termini, ma sono convinta che spiegare ai lettori che i nostri acquisti vengono fatti seguendo alcuni criteri e cercando di evitare gli sprechi,  rendere il più trasparente possibile il funzionamento della biblioteca sia la politica migliore.
Poi potremmo lavorare molto sulle proposte di lettura, predisponendo una serie di readalikes da suggerire a quanti non sono ancora riusciti ad accaparrarsi il libro.
Infine si potrebbe ridurre il periodo di prestito dei best seller appena pubblicati portandolo da un mese (durata media del prestito in molte biblioteche) a 15 giorni. Alcune biblioteche già mettono in pratica questo sistema e da noi capita che lo facciano spontaneamente utenti particolarmente sensibili e rispettosi delle altrui esigenze. Portando a casa i consueti quattro libri per il prestito mensile hanno l'avvertenza di leggere per primo il più recente e più prenotato  e di restituirlo prima del tempo per consentire ad altri utenti di leggerlo.

giovedì 21 giugno 2012

Le letture estive, un classico


Puntuali come le zanzare, con i primi caldi arrivano in biblioteca anche gli studenti con le liste di letture per l’estate stilate dagli insegnanti.
Ecco alcuni fra i libri più richiesti quest’anno, e anche l’anno scorso, e l’anno prima ancora…

Frankenstein , 1818
Il ritratto di Dorian Gray, 1890
Il fu Mattia Pascal, 1904
Assassinio sull’Orient Express, 1933
Se questo è un uomo, 1947
La casa in collina, 1949
Il giovane Holden, 1951
Il vecchio e il mare, 1952
Il barone rampante, 1957
Il buio oltre la siepe, 1960


Che negli anni '60 una funesta pandemia abbia completamente cancellato dalla faccia della terra la categoria degli scrittori e, di conseguenza anche quella degli editori?
A parte gli scherzi, il nodo è quello del rapporto non tanto dei ragazzi con la lettura, quanto quello degli insegnanti con i bibliotecari, come mette in luce qui Francesco Mazzetta, bibliotecario di Fiorenzuola.

domenica 10 giugno 2012

Del prezzo dei libri (ancora)

Su Domenica, supplemento culturale del Sole 24 Ore di oggi, nella rubrica Fermo Posta, la signora Lorella Badioli, lettrice forte da 7-8 libri al mese, insegnante di scuola media superiore lamenta l'introduzione della "sciagurata" Legge Levi che introducendo il tetto del 15% agli sconti sui libri e che, unitamente ad un costo troppo alto dei libri, la costringe da alcuni mesi a dimezzare il numero di volumi acquistati.
Stefano Salis le risponde in maniera articolata ricordandole che in Italia il libri costano meno rispetto ad altri paesi quali USA, Germania e Inghilterra, che non siamo abituati al tascabile in prima uscita (più economico) e che in altri paesi non vi sono sconti o sono molto ridotti, concludendo con un accorato appello alla signora Lorella a stare dalla parte dei librai.
Ovviamente la situazione è complessa, mi permetto comunque di ricordare a Stefano Salis  che proprio il suo quotidiano ha pubblicato interessanti tabelle di comparazione fra le retribuzioni europee, e che in base a queste tabelle siamo decisamente agli ultimi posti davanti solamente a Portogallo, Slovenia, Malta e Slovacchia e quindi con un potere d'acquisto fortemente ridotto.
La non abitudine al tascabile in prima uscita, poi, non può essere certamente imputata ai lettori, dal momento che, per quanto ricordi, un prodotto di questo tipo non è mai stato introdotto in Italia, magari proprio perchè il libro rilegato offre maggiori margini di guadagno sia a editori che librai.
Infine altre nazioni hanno introdotto leggi di proibizione o forte riduzione degli sconti, ma molti anni fa. Da allora il mercato editoriale è profondamente cambiato e la Legge Levi corre il rischio "di risultare fortemente controproducente proprio per i soggetti che la legge si proponeva di tutelare: piccola e media editoria e librerie indipendenti" come fa notare Gino Roncaglia in L'editoria fra cartaceo e digitale.
Insomma se proprio dobbiamo schierarci in fazioni e scendere in campo (ma giova a qualcuno questa contrapposizione?)  non sono forse le persone come la signora Lorella e tutti gli altri lettori forti ad essere state fino ad ora dalla parte dei librai?

domenica 3 giugno 2012

Bella cosa se anche lo zucchero fosse una medicina!


Qualche anno fa, sopra l’appartamento in cui vivevo, abitavano due persone, fratello e sorella che passavano la giornata recitando, più volte al giorno, il rosario. Li sentivamo soprattutto d’estate, con le finestre aperte, rispondersi da una stanza all’altra. Verso sera, poi, uscivano,  a capo chino, in fila e raggiungevano il vicino duomo per la messa. Un giorno incontrandoli, così curvi, ad occhi bassi, senza rispondere al nostro saluto, mia figlia, con l’acutezza propria dei bambini, commentò: “Loro pregano, pregano, ma non sanno di che colore è oggi il cielo”
Ho ripensato ai miei due vicini, l’altro giorno, quando ho incontrato due dei più fedeli lettori della biblioteca, marito e moglie. Stessa postura, capo chino ed occhi bassi, hanno a malapena risposto al mio saluto. E lo stesso succede quando vengono in biblioteca: scambi coi bibliotecari ridotti al minimo ed un solo grande interesse: i libri. Sono lettori da oltre 100 prestiti a testa l’anno, hanno un’attenzione puntualissima al mercato editoriale e fanno uso di un’ampia serie di servizi della biblioteca: dalla prenotazione al prestito interbibliotecario, alla richiesta di prestito da casa con la quale spesso si “accaparrano” le novità non appena appaiono catalogate in opac. Eppure in anni e anni neppure una parola che non fosse strettamente necessaria e funzionale al loro scopo, non una frase di apprezzamento o un giudizio negativo su un libro appena consegnato, non un suggerimento ad un lettore vicino, nulla.
E siccome da un po’ di tempo sento parlare sempre più spesso e, confesso, con un certo fastidio, di biblioterapia, di libroterapia, di libri come medicina che fanno guarire, visto che si moltiplicano incontri, seminari, corsi che propongono il libro come panacea e che fioriscono pubblicazioni che prescrivono libri come pillole con tanto di bugiardini,  mi è capitato di pensare a queste due persone come al  rovescio della medaglia, associandole (per carità, probabilmente in maniera del tutto arbitraria) all’idea che i libri possano anche far ammalare.
Oggi su La lettura del Corriere della Sera, un articolo di Mariarosa Mancuso, Curarsi con i libri, mi fa capire che il mio senso di fastidio è condiviso.
Fastidio per una idea di lettura che deve essere funzionale, servire a qualcosa: cambiarci la vita, migliorarci, elevarci spiritualmente, adesso anche curarci. Fastidio per un’idea di lettura prescritta da altri, da chi detiene il sapere, o il potere. E’ impegnativo accostarsi a un libro caricandolo di tutte queste aspettative. Possiamo leggere con lo stesso atteggiamento che abbiamo quando prendiamo la tachipirina e aspettiamo che cali la febbre? E se non succede niente? Raddoppiamo la dose di pagine lette?  Passiamo ad una lettura antibiotica o meglio una omeopatica? Saremo incurabili? Chiediamo un consulto?
Mi convinco sempre di più che solo un atteggiamento laico, meglio, come dice Luca Ferrieri, senza fideismi e senza finalismi, può giovare alla  lettura. Solo considerando la lettura come una attività normale (e sarebbe bello vedere nei nostri film o nelle nostre serie televisive ogni tanto una casa con una libreria, qualche attore con un libro in mano, cose così, che nella vita di tutti giorni succedono), senza implicazioni salvifiche o terapeutiche, sarà possibile recuperare il piacere di leggere.
Poi magari i libri a qualcuno salveranno la vita, a qualcun altro leniranno ferite e a qualcun altro ancora serviranno per passare meglio il tempo in attesa del regionale delle 17.38.
Insomma lasciamo la biblioterapia agli psicanalisti, e restituiamo alla lettura la libertà. Anche libertà di chiudersi in casa a leggere e leggere senza sapere di che colore è oggi il cielo

giovedì 31 maggio 2012

Progettare le copertine dei libri non è una cosa da ridere

si che lo é


"Tutte le storie hanno bisogno di una faccia"
Una bellissima e divertente "lezione" di Chip Kidd, uno dei più famosi book designer (avete presente Jurassic Park?), che spiega come nascono le copertine dei libri.
Creare una copertina è "dare forma ad un contenuto e bilanciare con grande attenzione entrambi"
"Una volta che il book designer ha letto il libro ne deve diventare interprete e traduttore"
Ma i creatori di copertine di casa nostra li leggono i libri?


domenica 27 maggio 2012

Bello come Brad Pitt, alla sagra di Camandona


Ancora sulla qualità percepita 

Frasi come  Bello come Brad Pitt, alla sagra di Camandona o Appoggiato come un cowboy alla ringhiera, con la birra in mano, mi fanno più o meno lo stesso effetto che faceva il nome di Frau Blucher ai cavalli, nel film Frankestein junior
Ha ragione Christian Raimo che nel blog minima et moralia pone il problema nello specifico della qualità letteraria del Festival internazionale delle letterature a Massenzio, a Roma e, più in generale, della qualità letteraria di tante pubblicazioni. 
Interessante anche la lunga serie di commenti al post di Raimo, che prendono spunto da un breve testo di Silvia Avallone, letto appunto al festival  di Massenzio e dal quale sono tratte le frasi sul Pitt di Camandona.
Insomma esiste il problema della qualità letteraria di quello che viene pubblicato, è innegabile e se ne parla da tempo.
Una risposta a questo problema tenta di darla, da alcuni anni, anche il progetto pordenonelegge-dedalus che periodicamente stila una classifica dei libri di qualità suddivisa nelle categorie narrativa, poesia, saggistica, altre scritture e una classifica per le opere tradotte di narrativa  e poesia.
Il progetto pordenonelegge-dedalus nasce dall’idea di valorizzare la qualità letteraria, inventando una classifica che glissi i best seller per indicare ai lettori i molti libri che compongono un possibile discorso sulla scrittura contemporanea. Una guida etica e estetica, insomma, alla letteratura.
Della giuria fanno parte scrittori, poeti, critici letterari e, da qualche mese, anche una decina di Gruppi collettivi di lettura. L'intento è quello di reagire ad uno stato di cose in cui
da molto tempo, ormai, che il successo (o l’insuccesso) nelle vendite, di qualsiasi “prodotto culturale”, sembra azzerare a priori ogni possibile discussione sul valore delle opere d’arte, nonché addirittura sui contenuti – gli stili di vita, le visioni del mondo, le aspettative di futuro – che esse da sempre veicolano. Se l’unico valido parametro di misura si affida a quella Provvidenza secolarizzata che il senso comune ha da tempo individuato nel mercato, quello della letteratura – come le altri arti – rischia davvero di ridursi a un ruolo ornamentale.
Giusta l'idea che l'unico metro di valutazione  non possa essere il successo o l'insuccesso delle vendite, ma una classifica che glissi in partenza i best seller non nasce forse da
un pregiudizio assai diffuso nella cultura letteraria novecentesca: se un'opera narrativa, nella fattispecie un romanzo, è piaciuto a molte, troppe persone, ciò vuole dire che è sicuramente un prodotto mediocre, conformista e come tale non merita di essere preso in considerazione dai lettori di classe e quindi dai critici? (Vittorio Spinazzola (Alte tirature. La grande narrativa di intrattenimento in Italia, Il Saggiatore, 2012)
Come lettrice  ho una mia personalissima idea di qualità,  i miei gusti, i miei folli amori e le mie idiosincrasie che saranno frutto, immagino, delle mie precedenti letture, della mia sensibilità, magari del mio livello di istruzione, certamente dell'umore del momento.
Se d'un canto non posso che plaudire a chi rivendica per sé un ruolo di critica militante, offrendo alternative alla tirannia delle leggi di mercato, mi chiedo anche se sia possibile parlare di qualità senza cadere in snobismi, in suddivisioni in lettori di serie A e di serie B (Spinazzola stesso: Ovviamente, va sempre tenuto conto che il lettori di Gadda "valgono" di più di quelli di Liala, in quanto sono in grado di mettere a confronto e scegliere tra le opere dell'uno e quelle dell'altra, mentre non vale il contrario), senza spocchia, senza arroganza di eletti che fanno le letture "giuste".
Come bibliotecaria che si occupa principalmete di lettura e narrativa, poi, le cose si fanno ancora più complicate. Divisa fra il motto di Betty Rosenberg che invita i lettori  a  non giustificarsi per i propri gusti letterari (never apologize for your reading taste) e le richieste dei lettori che invece lamentano ripetitività e scarsa qualità delle pubblicazioni, indecisa negli acquisti fra libri ad alto e sicuro livello di circolazione ma di breve vita ed altri, più duraturi nel tempo ma di minor immediato impatto.

venerdì 18 maggio 2012

Tutto quello che so sul Salone del libro di Torino l'ho imparato dal parrucchiere

La qualità percepita


Mentre alla Fiera del libro di Torino molti editori rivendicavano fortemente  l'importanza del loro ruolo a difesa della qualità delle pubblicazioni,  io dal parrucchiere, sfogliando giornali, scoprivo che Alba Parietti ha scritto un libro, Da qui non se ne va nessuno, che ne ha scritto uno anche Veronica Pivetti, Ho smesso di piangere, ed anche Flavio Insinna, Neanche con un morso all'orecchio.
Mi incuriosisco e scopro che hanno pubblicato recentemente anche Tiberio Timperi, Emanuele Filiberto di Savoia e Flavia Vento, Parole al vento, decisamente originale. E ancora Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, Carlo Conti, Barbara D'Urso. Paolo Brosio è arrivato al terzo libro su Medjugorje, mentre Antonella Clerici e Benedetta Parodi si sfidano a colpi di ricette.
Nel frattempo pubblicano libri anche tutti i protagonisti del canale televisivo Real Time, in un tripudio di consigli per ristrutturare casa e organizzare matrimoni. E non potevano mancare i consigli delle tate de La 7
E per finire, ma sono convinta che la lista potrebbe continuare, il mio cruccio personale, il libro che in libreria non manco mai di nascondere sotto pile di altri volumi: Denise la cozza, di Luca Zanforlin, autore della trasmissione Amici di Maria De Filippi. Ma in questo caso, visto il titolo, ammetto di essere prevenuta.

mercoledì 9 maggio 2012

Monopolio


Su La lettura di domenica scorsa interessante intervista a Jeff  Bezos di Amazon: Il futuro è dei lettori(e degli autori) Gli editori devono sudare.
Bezos, ovviamente, dipinge il  futuro dell’editoria elettronica come il migliore dei mondi possibili basato su un principio molto semplice, gli ebook devono essere più economici dei libri di carta, e sulla convinzione che
Nel business editoriale ci sono solo due attori ad avere il futuro garantito: i lettori — che con gli ebook risparmiano moltissimo, hanno accesso alla loro libreria virtuale in ogni momento e possono scegliere tra una varietà maggiore di titoli e generi — e gli autori, a cui paghiamo il 70% dei diritti. Tutti gli altri devono lavorare per assicurarsi un futuro.

Oggi, su Repubblica,  nell’articolo di Simonetta Fiori”  Il “nemico" al Salone,  e nell’intervento di Stefano Mauri, la risposta degli editori italiani. Bezos è visto come reincarnazione di Attila: dove passa lui non cresce l’erba. Le accuse che gli vengono rivolte sono sostanzialmente quelle di aver travolto la distribuzione tradizionale, di aver insidiato l’editoria cartacea con la crescita degli ebook, spostando il libro di carta da un ecosistema di riferimento di cui era il centro, di contribuire ad abbassare il livello delle pubblicazioni con la piattaforma di self-publishing, bypassando gli editori da sempre garanti della qualità e, soprattutto, di essere monopolista.
Io vorrei provare ad analizzare questi elementi assumendo un punto di vista un po’ particolare. Quello di chi sistematicamente o occasionalmente, per passione per la lettura o per necessità si trovi a dover acquistare libri in una città di media grandezza come quella in cui vivo e lavoro.
Forlì ha circa 130.000 abitanti e da molti, troppi anni un’unica libreria appartenente ad una catena. Inizialmente con una offerta abbastanza vasta che è andata via via restringendosi col passar del tempo. Completamente scomparsa la sezione della letteratura e della critica letteraria, lo spazio dedicato ai libri su cani e gatti è doppio rispetto a quello riservato alla poesia , abbondano i best seller, mentre case editrici certamente non sconosciute come Guanda (ad esempio) hanno spazi risicati e frammentari e non ricordo di aver mai incontrato un  Iperborea.
Accade così che anche l’acquisto di testi  altrove facilmente reperibili ( Il fu Mattia Pascal, mi dicevano, un saggio sul Pascoli pubblicato nel 2011 – in terra pascoliana e nell’anno pascoliano, testi di Verga) debba essere fatto su ordinazione e richieda dai 5 ai 7 giorni di tempo.
Mi sembra  innegabile che questo regime di monopolio con un’offerta così limitata (che forse terminerà nel prossimo giugno grazie ad una nuova libreria di un’altra catena) abbia contribuito a formare il gusto letterario dei forlivesi  (e l’argomento meriterebbe di essere approfondito, così come sarebbe interessante capire anche se e quanto abbia contribuito a disegnare la fisionomia delle raccolte della biblioteca). Ma  mi sembra ancora più evidente che questa è una situazione ideale per la diffusione del commercio online di libri cartacei e di ebook.
IBS e Amazon consegnano un libro in 1-2 giorni. Insomma non c’è bisogno di scomodare Attila quando da anni si è fatta terra bruciata della distribuzione e quando spesso le librerie di catena sono di fatto dei monopoli.
Per quanto riguarda l’abbassamento della qualità dei libri pubblicati, secondo molti il self publishing porterà ad una sorta di bolla dell'editoria fai da te, ma siamo proprio sicuri che l'editoria tradizionale sia garanzia di qualità o non sia andata via via impoverendosi, banalizzandosi, ripetendosi?
Non più tardi di stamattina un'utente della biblioteca, dopo un divertente equivoco sul titolo di un libro (continuavamo a fare confusione fra Il mercante di libri maledetti e Il mercante dei quadri perduti) ha commentato: insomma questi libri hanno i titoli tutti uguali e si assomigliano tutti. Ed è questa opinione oramai di moltissimi lettori, così come moltissimi lamentano il fatto che in televisione, sui giornale si parli sempre degli stessi, pochi titoli che sono poi quelli che campeggiano sui tavoli della libreria

Mi sembra evidente che i lettori chiedano soprattutto due cose: i libri nel momento in cui ne hanno bisogno, velocemente, senza dover attendere troppo a lungo ed una possibilità di scelta la più ampia e variegata possibile.
Ed è innegabile che in questo momento Amazon sia in grado di fornirle entrambe. Forse partire da qui, per gli editori italiani potrebbe non essere una cattiva idea.