domenica 24 maggio 2015

Quando i mulini erano bianchi

Ovvero, grattare la superficie: perché leggiamo meno


Qualche giorno fa ho letto l'articolo Via i cellulari. Leggete con lentezza. Le 14 regole dello slow reading di David Mikics. L'autore racconta di quando, trovandosi in un posto isolato e privo di connessione internet, passato un primo momento di smarrimento, ha la sensazione di vivere in un mondo prodigiosamente nuovo e capisce di avere molto più tempo anche per leggere.
Ora che l'assenza di connessione internet produca sensazioni di straniamento e percezione alterata della realtà è un fatto che tutti più o meno abbiamo sperimentato. Io, ad esempio, in condizioni analoghe a quelle di Mikics, su un'isola sperduta con una connessione malamente funzionante, ad un certo punto ho cominciato a pensare che avrei potuto cominciare a correre. In agosto, con oltre 30 gradi. E chi mi conosce sa quanto reputi perniciosa ogni forma di attività fisica.
Il fatto è che Mikics torna corroborato dalla sua vacanza senza internet e, riandando con la memoria a quando da giovane  viveva sconnesso ma con molto più tempo a disposizione, invita alla pratica dello slow reading. Cioè a riappropriarsi di tempo privo di distrazioni per imparare o reimparare  a leggere lentamente.
Insomma l'ennesimo articolo del genere "Quando i mulini erano bianchi" che  piace tanto a certa nostra stampa: un nostalgico riecheggiare i bei tempi andati quando privi di connessione internet c'era tempo per tutto: leggere, pensare, incontrare gli amici di persona, fare il pane in casa. Insomma internet uguale a distrazione, a pericolosa sirena d'Ulisse.
E se provassimo ad andare un po' oltre a questa banalizzazione? A grattare un po' la superficie di quell'opinione diffusa che vede il web come il padre e la madre di tutte le nostre superficialità? Veramente non leggiamo o leggiamo meno solo perché siamo sempre connessi? Forse è un po' troppo semplice come spiegazione, forse ci sono altri motivi, ad esempio la qualità eufemisticamente non eccelsa di molti dei libri che ci vengono propinati. Leggere è sempre una attività preferibile al web, al guardare la televisione, al fare una passeggiata (leggete Uno può anche non leggere di Virginia Gentilini)? Anche leggere libri brutti, scritti male, editati peggio?
Il fatto è che, come scrive Mario Fillioley, I libri sono da sempre vittime di questo fraintendimento. Alla lettura viene affidata una missione pedagogica alta e salvifica che invece ad altre arti, come la musica o il cinema, è concesso di non dover assolvere. Questo porta da una parte a bollare come libroidi, cioè quasi come proibiti, i libri di puro intrattenimento, e dall’altro, all’opposto, a sostenere che leggere è bene in sé, quale che sia la cosa che leggi, perché leggere è utile, istruttivo, interessante, e te ne accorgerai perfino leggendo il libro della Casati Modignani che ti stiamo proponendo.
Qui, su minima&moralia, trovate l'intero articolo, scritto in occasione della campagna di promozione della lettura #ioleggoperché (se invece volete sapere qualcosa di più sulla origini della campagna leggete qui cosa scrive Maurizio Caminito).
E se provassimo a considerare il web non solo o non esclusivamente come fonte di distrazione ma come un contenitore nel quale il "narrativo" è trasportato? Il ragionamento è articolato, lo fa Christian Raimo in un'intervista di qualche mese fa che potete leggere qui, nella quale si parla di industria culturale, ma anche di narratività, fruizione delle storie, trasformazione del romanzo. Raimo ricorda fra l'altro come ogni età abbia avuto le sue distrazioni dalla lettura
Quando eravamo piccoli, ci fu l’invasione dei cartoni animati giapponesi. Si credeva che questi cartoni togliessero completamente ai ragazzi la possibilità di leggere libri. Io passavo moltissimo tempo guardare la televisione, ma questo mi ha insegnato a leggere in maniera diversa i romanzi, a chiedere delle formule narrative altre. Dopo aver visto Breaking Bad, se trovo un noir scritto male, mi annoio. E magari mi guardo un’altra serie. Ma se trovo un romanzo che concilia la qualità della trama con una scrittura eccelsa, me lo “ciuccio da morire
Insomma ha senso ricordare nostalgicamente i bei tempi andati, ammesso che fossero così belli, o non sarebbe forse meglio cercare di capire come internet, il web, i social network stanno cambiando le narrazioni e il modo di fruirne?
E, soprattutto, ha senso ridurre un fenomeno così complesso, articolato, come quello della passione per la lettura e della sua crisi alla mancanza di tempo, alle distrazioni della rete?
Vien da pensare che come passione sia ben poca cosa se non si è grado di trovare il tempo di coltivarla, se soccombe alla tentazione di un click.

Postille #1
Due tre cose sull'articolo pubblicato sul Corriere.
Si tratta della traduzione di uno scritto di Mikics (come appare indicato), ma non è dato sapere di quale scritto si tratti, se un articolo giornalistico o un brano del suo libro (che non viene citato).  Non è dato sapere neppure se si tratti di uno scritto tradotto integralmente o se siano stati scelti qua e là alcuni passi utili a corroborare la linea editorial/culturale del Corriere.
Il titolo fa riferimento a 14 leggi dello slow reading che di fatto non vengono citate ma che potete leggere qui.
Insomma quando leggo qualcosa mi piacerebbe sapere con esattezza di cosa si tratti.

Postille #2
David Mikics nel 2013 ha pubblicato un libro: Slow reading in a hurried age che si propone attraverso appunto 14 regole di insegnare a leggere lentamente e con attenzione. Non ho letto il libro e mi limito pertanto a esprimere qualche perplessità sul fatto che il piacere di leggere (che come sappiamo non sopporta l'imperativo) possa essere oggetto di regole, prescrizioni, esortazioni, manualistica. Perplessità espresse anche qui, oltre alla convinzione che la posizione di Mikcks sia completamente anacronistica o addirittura fuori dal tempo (Mikics takes his slow reading cue from the American “New Critics” of the mid-20th century; he wishes to return to a time not just before the internet, but also before the far-reaching reformulations of literary study since then. Ideally, we have a reader alone with a book, and literature offers security in an unsettled age) posizione ribadita con più forza anche in questo altro articoloEvery age has been a hurried age, and slow reading has always been a choice. Silly books like this one – calling for the return to a golden age that never existed while at the same time condemning the golden age unfolding right under the author’s upturned nose – have never added anything useful to the real questions posed by the rise of both the Internet and electronic books. Those questions – that debate – goes on and gets more and more interesting with every passing year, but you won’t find it in Mikics’ pages. Instead, what you’ll find here is a sepia-tinted love letter to that time when we all savored and treasured every book we read, carefully and lovingly selecting each one, maybe twenty a year but certainly no more than forty. 

Postille #3
Sul Mulino Bianco
Ricordo, oltre vent'anni fa, una visita all'Abbazia di San Galgano, in Toscana. Era un pomeriggio di maggio ed eravamo praticamente soli mio marito ed io nella grande, bellissima  navata a cielo aperto. Proseguendo nel nostro viaggio, pochi chilometri più avanti centinaia di macchine parcheggiate sul ciglio della strada. Scopriamo così il famoso mulino bianco di pubblicitaria memoria, meta turistica di grande richiamo. E scopriamo che grattando sotto il bianco della superficie, quell'intonaco chiaro evocativo di cose sane, genuinità, salute steso appositamente per la campagna pubblicitaria, ci viene restituita la straordinaria, non banale, articolata complessità di una bella costruzione in sasso e pietra.