martedì 26 giugno 2012

Contro le doppie copie

Dopo il grande successo de Il profumo delle foglie di limone, è arrivato in biblioteca il secondo libro di Clara Sanchez: La voce invisibile del vento (a proposito se qualcuno sa se esistono voci visibili e come sono fatte, si faccia avanti e me lo spieghi per favore. E comunque il titolo originale è Presentimientos). Il libro è andato immediatamente in prestito, è già gravato di numerosissime prenotazioni e ve lo chiedono almeno tre volte al giorno. Insomma siete tentati dall'acquisto di una seconda copia.
Fermatevi, non fatelo. A meno che voi non lavoriate in una biblioteca che negli ultimi anni ha visto crescere le proprie risorse di denaro, personale e spazio, ma in questo caso lavorate su Marte e lì il libro della Sanchez non è ancora stato tradotto.
Ci sono un sacco di buone ragioni per non acquistare le doppie copie di libri che abbiamo già in possesso (generalmente best seller di narrativa).
La prima è banale: con quei soldi potete acquistare un altro libro, ampliando e diversificando la vostra offerta. E' il caso, con bilanci ridotti all'osso, di destinare parte delle risorse all'acquisto libri che abbiamo già?
Potremmo pensare di farlo se riteniamo che si tratti di un libro che avrà una lunga vita all'interno della biblioteca, uno di quei libri che continuano ad essere prestati tutti gli anni.
Siamo sicuri che il vento della Sanchez sia uno di questi o non si tratti piuttosto dell'ennesimo caso editoriale montato ad arte? Sono andata a leggermi un po' di commenti su Anobii e IBS e, insomma, qualche sospetto è più che lecito.
E poi ricordate che una seconda copia è per sempre, come i diamanti, o quasi. Liberarsene, una volta che i prestiti saranno calati, sarà faticosissimo. Probabilmente fra qualche mese dovrete toglierla dalla sezione a scaffale aperto per far posto a nuovi arrivi, cambiarle collocazione, mettendola in un magazzino, stampare una nuova etichetta. Poi anche il magazzino sarà pieno e qualcuno penserà di metterla nell'elenco per lo scarto. Fermi! Non siete ancora riusciti a scartare i doppioni dell'Eleganza del riccio e della Solitudine dei numeri primi.
Un giorno finalmente riuscirete a compilare l'elenco dello scarto e dovrete dire quante copie del libro ci sono in biblioteca, quante in Polo, compilare un lungo elenco e chiudere tutto in scatoloni e aspettare. Gli scatoloni per un po' staranno sotto la vostra scrivania, poi stanchi di prenderli a calci verranno spostati da qualche parte e continuerete ad inciamparvi ancora per qualche annetto, se tutto va bene.
Ma allora cosa possiamo fare, cosa possiamo dire ai lettori (in questo caso per lo più alle lettrici) che richiedono questo libro e non lo trovano'
Innanzitutto che la biblioteca non è un Pronto Soccorso e che se anche lo fosse ci troveremmo davanti ad un codice bianco e che quindi è necessario munirsi di pazienza e aspettare il proprio turno. Magari non in questi termini, ma sono convinta che spiegare ai lettori che i nostri acquisti vengono fatti seguendo alcuni criteri e cercando di evitare gli sprechi,  rendere il più trasparente possibile il funzionamento della biblioteca sia la politica migliore.
Poi potremmo lavorare molto sulle proposte di lettura, predisponendo una serie di readalikes da suggerire a quanti non sono ancora riusciti ad accaparrarsi il libro.
Infine si potrebbe ridurre il periodo di prestito dei best seller appena pubblicati portandolo da un mese (durata media del prestito in molte biblioteche) a 15 giorni. Alcune biblioteche già mettono in pratica questo sistema e da noi capita che lo facciano spontaneamente utenti particolarmente sensibili e rispettosi delle altrui esigenze. Portando a casa i consueti quattro libri per il prestito mensile hanno l'avvertenza di leggere per primo il più recente e più prenotato  e di restituirlo prima del tempo per consentire ad altri utenti di leggerlo.

giovedì 21 giugno 2012

Le letture estive, un classico


Puntuali come le zanzare, con i primi caldi arrivano in biblioteca anche gli studenti con le liste di letture per l’estate stilate dagli insegnanti.
Ecco alcuni fra i libri più richiesti quest’anno, e anche l’anno scorso, e l’anno prima ancora…

Frankenstein , 1818
Il ritratto di Dorian Gray, 1890
Il fu Mattia Pascal, 1904
Assassinio sull’Orient Express, 1933
Se questo è un uomo, 1947
La casa in collina, 1949
Il giovane Holden, 1951
Il vecchio e il mare, 1952
Il barone rampante, 1957
Il buio oltre la siepe, 1960


Che negli anni '60 una funesta pandemia abbia completamente cancellato dalla faccia della terra la categoria degli scrittori e, di conseguenza anche quella degli editori?
A parte gli scherzi, il nodo è quello del rapporto non tanto dei ragazzi con la lettura, quanto quello degli insegnanti con i bibliotecari, come mette in luce qui Francesco Mazzetta, bibliotecario di Fiorenzuola.

domenica 10 giugno 2012

Del prezzo dei libri (ancora)

Su Domenica, supplemento culturale del Sole 24 Ore di oggi, nella rubrica Fermo Posta, la signora Lorella Badioli, lettrice forte da 7-8 libri al mese, insegnante di scuola media superiore lamenta l'introduzione della "sciagurata" Legge Levi che introducendo il tetto del 15% agli sconti sui libri e che, unitamente ad un costo troppo alto dei libri, la costringe da alcuni mesi a dimezzare il numero di volumi acquistati.
Stefano Salis le risponde in maniera articolata ricordandole che in Italia il libri costano meno rispetto ad altri paesi quali USA, Germania e Inghilterra, che non siamo abituati al tascabile in prima uscita (più economico) e che in altri paesi non vi sono sconti o sono molto ridotti, concludendo con un accorato appello alla signora Lorella a stare dalla parte dei librai.
Ovviamente la situazione è complessa, mi permetto comunque di ricordare a Stefano Salis  che proprio il suo quotidiano ha pubblicato interessanti tabelle di comparazione fra le retribuzioni europee, e che in base a queste tabelle siamo decisamente agli ultimi posti davanti solamente a Portogallo, Slovenia, Malta e Slovacchia e quindi con un potere d'acquisto fortemente ridotto.
La non abitudine al tascabile in prima uscita, poi, non può essere certamente imputata ai lettori, dal momento che, per quanto ricordi, un prodotto di questo tipo non è mai stato introdotto in Italia, magari proprio perchè il libro rilegato offre maggiori margini di guadagno sia a editori che librai.
Infine altre nazioni hanno introdotto leggi di proibizione o forte riduzione degli sconti, ma molti anni fa. Da allora il mercato editoriale è profondamente cambiato e la Legge Levi corre il rischio "di risultare fortemente controproducente proprio per i soggetti che la legge si proponeva di tutelare: piccola e media editoria e librerie indipendenti" come fa notare Gino Roncaglia in L'editoria fra cartaceo e digitale.
Insomma se proprio dobbiamo schierarci in fazioni e scendere in campo (ma giova a qualcuno questa contrapposizione?)  non sono forse le persone come la signora Lorella e tutti gli altri lettori forti ad essere state fino ad ora dalla parte dei librai?

domenica 3 giugno 2012

Bella cosa se anche lo zucchero fosse una medicina!


Qualche anno fa, sopra l’appartamento in cui vivevo, abitavano due persone, fratello e sorella che passavano la giornata recitando, più volte al giorno, il rosario. Li sentivamo soprattutto d’estate, con le finestre aperte, rispondersi da una stanza all’altra. Verso sera, poi, uscivano,  a capo chino, in fila e raggiungevano il vicino duomo per la messa. Un giorno incontrandoli, così curvi, ad occhi bassi, senza rispondere al nostro saluto, mia figlia, con l’acutezza propria dei bambini, commentò: “Loro pregano, pregano, ma non sanno di che colore è oggi il cielo”
Ho ripensato ai miei due vicini, l’altro giorno, quando ho incontrato due dei più fedeli lettori della biblioteca, marito e moglie. Stessa postura, capo chino ed occhi bassi, hanno a malapena risposto al mio saluto. E lo stesso succede quando vengono in biblioteca: scambi coi bibliotecari ridotti al minimo ed un solo grande interesse: i libri. Sono lettori da oltre 100 prestiti a testa l’anno, hanno un’attenzione puntualissima al mercato editoriale e fanno uso di un’ampia serie di servizi della biblioteca: dalla prenotazione al prestito interbibliotecario, alla richiesta di prestito da casa con la quale spesso si “accaparrano” le novità non appena appaiono catalogate in opac. Eppure in anni e anni neppure una parola che non fosse strettamente necessaria e funzionale al loro scopo, non una frase di apprezzamento o un giudizio negativo su un libro appena consegnato, non un suggerimento ad un lettore vicino, nulla.
E siccome da un po’ di tempo sento parlare sempre più spesso e, confesso, con un certo fastidio, di biblioterapia, di libroterapia, di libri come medicina che fanno guarire, visto che si moltiplicano incontri, seminari, corsi che propongono il libro come panacea e che fioriscono pubblicazioni che prescrivono libri come pillole con tanto di bugiardini,  mi è capitato di pensare a queste due persone come al  rovescio della medaglia, associandole (per carità, probabilmente in maniera del tutto arbitraria) all’idea che i libri possano anche far ammalare.
Oggi su La lettura del Corriere della Sera, un articolo di Mariarosa Mancuso, Curarsi con i libri, mi fa capire che il mio senso di fastidio è condiviso.
Fastidio per una idea di lettura che deve essere funzionale, servire a qualcosa: cambiarci la vita, migliorarci, elevarci spiritualmente, adesso anche curarci. Fastidio per un’idea di lettura prescritta da altri, da chi detiene il sapere, o il potere. E’ impegnativo accostarsi a un libro caricandolo di tutte queste aspettative. Possiamo leggere con lo stesso atteggiamento che abbiamo quando prendiamo la tachipirina e aspettiamo che cali la febbre? E se non succede niente? Raddoppiamo la dose di pagine lette?  Passiamo ad una lettura antibiotica o meglio una omeopatica? Saremo incurabili? Chiediamo un consulto?
Mi convinco sempre di più che solo un atteggiamento laico, meglio, come dice Luca Ferrieri, senza fideismi e senza finalismi, può giovare alla  lettura. Solo considerando la lettura come una attività normale (e sarebbe bello vedere nei nostri film o nelle nostre serie televisive ogni tanto una casa con una libreria, qualche attore con un libro in mano, cose così, che nella vita di tutti giorni succedono), senza implicazioni salvifiche o terapeutiche, sarà possibile recuperare il piacere di leggere.
Poi magari i libri a qualcuno salveranno la vita, a qualcun altro leniranno ferite e a qualcun altro ancora serviranno per passare meglio il tempo in attesa del regionale delle 17.38.
Insomma lasciamo la biblioterapia agli psicanalisti, e restituiamo alla lettura la libertà. Anche libertà di chiudersi in casa a leggere e leggere senza sapere di che colore è oggi il cielo